Epidemia di Lingua Blu in Sardegna: oltre 17.000 capi morti e il sierotipo 8 fa la sua comparsa nell'Oristanese

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  La Sardegna continua a fare i conti con l'emergenza della Lingua Blu, una crisi che sta mettendo in ginocchio l'intero comparto zootecnico dell'isola. I numeri dell'ultimo report dell'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna sono allarmanti: 2.732 focolai attivi, oltre 102.729 casi soprattutto tra gli ovini, e un bilancio tragico di 17.707 capi morti. Un disastro per gli allevatori sardi, già in difficoltà da tempo e ora alle prese con un’epidemia che sembra non conoscere tregua. Il Sassarese è la zona più colpita, con 637 focolai, seguito dall'Oristanese (557), Cagliaritano (449), e Nuorese (435). La diffusione della malattia non risparmia nemmeno il Medio Campidano (218), il Sulcis (195), la Gallura (150) e l’Ogliastra (91). Una mappa della sofferenza che evidenzia la portata devastante di questa epidemia sull’intera regione. Come se non bastasse, la Asl di Oristano ha confermato la comparsa del sierotipo 8 del virus della Febbre catarrale degli ovini, una variante mai rilevata prima in questa provincia e che si aggiunge alla presenza del sierotipo 3. 

  Questo peggiora ulteriormente la situazione, gettando ombre sulla capacità di contenimento dell'epidemia. Il Servizio di sanità animale della Asl 5, guidato dal dottor Enrico Vacca, ha emesso nuove direttive per cercare di limitare la diffusione del virus, ma la strada appare in salita. Le misure cautelari adottate prevedono restrizioni nei movimenti degli ovini, caprini e bovini, soprattutto nelle zone non ancora interessate dalla malattia. Gli animali destinati al trasporto devono essere vaccinati o trattati con repellenti e risultare negativi al test PCR per la Lingua Blu. Ulteriori precauzioni riguardano la disinfestazione dei mezzi di trasporto e la necessità di macellare gli animali entro 24 ore dall'arrivo nei macelli di destinazione. L'epidemia di Lingua Blu sta lasciando un segno profondo sul tessuto economico e sociale dell'isola, rendendo ancora più difficile la vita di chi ha fatto dell'allevamento una scelta di vita. È tempo che le istituzioni si muovano con decisione, perché gli allevatori sardi non possono essere lasciati soli a fronteggiare questa catastrofe che minaccia non solo il loro sostentamento, ma l'intero futuro di una tradizione millenaria.