Anche se molto rari, gli effetti collaterali sono possibili: “Tra le
cause, la scarsa preparazione dei medici. In caso di effetti avversi,
intervenire subito è determinante, ma la legislazione non aiuta” dice
il professor Raffaele Rauso, vicepresidente FIME (Federazione Italiana
Medici Estetici), che lavora a Napoli nel primo ambulatorio pubblico
per curare i danni da filler e ha pubblicato nuovi studi scientifici
sull’argomento
Si iniettano nel volto per attenuare i segni del tempo, modellare nasi
o ridefinire i contorni del viso: durano qualche mese, a volte anni, e
poi sono riassorbiti dal corpo.
Sono i filler, uno degli interventi di
medicina estetica più praticati in Italia e nel mondo, ma anche uno
dei settori in cui le regole sono confuse e spesso contradditorie,
lasciando il campo aperto a medici poco preparati e ad effetti
collaterali che rischiano di essere cronici e invalidanti: “Negli
ultimi 20 anni abbiamo assistito a una innovazione bilaterale: abbiamo
imparato a comprendere più a fondo i fenomeni legati
all’invecchiamento, in particolare modo per ciò che concerne il
rimodellamento scheletrico facciale. Contemporaneamente, sono
migliorati e aumentati i filler, con caratteristiche fisiche diverse,
per poter infiltrare non più solo le rughe superficiali della pelle,
ma i diversi strati del volto, dal più profondo al più superficiale,
proprio per garantire un risultato naturale e duraturo nel tempo.
Tuttavia, infiltrazioni più profonde possono portare anche a
complicanze più gravi, a causa della presenza di strutture nobili
(vasi sanguigni, nervi, etc.). Spesso i medici minimizzano sugli
effetti collaterali dei filler e i pazienti, per via dell’effetto
temporaneo e dell’apparente semplicità di esecuzione, ne sottovalutano
i rischi.
Il problema invece esiste e sta crescendo, anche se non
esistono numeri ufficiali: di complicazioni secondarie a infiltrazioni
di filler (cecità, complicanze vascolari) non si parlava fino a 15
anni fa, a differenza di oggi” avverte il professor Raffaele Rauso,
vice presidente della Federazione Italiana Medici Estetici (FIME),
autore di due recenti studi scientifici sull’argomento, impegnato in
prima linea nel primo ambulatorio pubblico per gestire i danni da
filler, aperto nell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia
Maxillo-Facciale diretta dal professor Tartaro, c/o l’Azienda
Ospedaliero Universitaria “Luigi Vanvitelli” a Napoli.
“L’aumento degli effetti collaterali legati ai filler si può
ricondurre alla preparazione non adeguata di molti medici che eseguono
queste iniezioni – spiega il professor Rauso -. Da qualche anno sono
stati introdotti sul mercato i filler di nuova generazione, che
permettono di ottenere risultati più naturali e duraturi, ma che
richiedono anche competenze maggiori per evitare complicanze.
Questi
filler cross-linkati si iniettano in profondità, fino alle strutture
scheletriche quando necessario, ripristinando la morfologia del volto,
che nel tempo tende a rimaneggiarsi e riassorbirsi: sono tecniche con
un’impronta quasi chirurgica, che non possono essere improvvisate.
Potremmo quasi affermare che a oggi utilizziamo alcuni tipi di filler
pensandoli come delle vere e proprie protesi facciali, largamente
utilizzate alla fine del XX secolo: questo grazie ad un approccio a
volte “più chirurgico” da parte del medico estetico, ma
contestualmente mini-invasivo grazie alle evoluzioni raggiunte dai
filler. Basti pensare l’elevata elasticità raggiunta dai filler di
acido ialuronico cross linkati non più col BDDE, ma con il PEG: una
vera e propria rivoluzione dopo 20 anni di utilizzo esclusivo di
BDDE”.
Un buon medico estetico, anzitutto, sa quali filler proporre ai
pazienti: “Non tutti sono uguali – spiega Rauso, che ha valutato la
possibilità di revertire l’embolizzazione facciale con filler di acido
ialuronico in un importante studio pubblicato il 14 febbraio 2020
sulla prestigiosa rivista Dermatologic Therapy -. I filler hanno
sensibilità diverse alla ialuronidasi, ossia l’antidoto dell’acido
ialuronico, come è emerso anche dallo studio pubblicato dal mio gruppo
di lavoro lo scorso novembre su Journal of Biological Regulators and
Homeostatic agents.
In caso di complicanze, è così possibile
eliminarlo dal corpo e ridurre i danni. Il tempo però è fondamentale
nei casi di problematiche vascolari secondarie alle infiltrazioni di
filler: più rapidamente si interviene, più si riducono i rischi, per
questo il medico deve sapere già cosa fare”.
Cosa si rischia? Le complicanze più gravi, ma comunque molto basse
statisticamente, sono l’embolizzazione o la compressione dei vasi
sanguigni del volto, che possono portare a vere e proprie perdite di
tessuto o peggio a perdite di funzioni. “Non è più una novità vedere
pubblicati in letteratura scientifica casi di cecità dopo rinofiller,
una complicanza permanente che comporta la perdita della vista
dall’occhio compromesso. Si tratta tuttavia di eventi estremamente
rari: in Italia, ad oggi, è stato confermato un unico caso e
considerando la mole di filler iniettati ogni anno, possiamo
agevolmente capire come il rating sia abbondantemente sotto lo 0,001%.
A questo quadro, si aggiunge la controversa legislazione italiana, che
impedisce al medico estetico di avere la ialuronidasi in formulazione
galenica nel proprio ambulatorio (in Italia non esiste la ialuronidasi
come farmaco pronto alla vendita), sebbene in caso di evento vascolare
acuto quest’ultima debba essere infiltrata il prima possibile per
evitare sequele permanenti”conclude Rauso.
Raffaele Rauso (www.raffaelerauso.com; www.topchirurgiaestetica.it).
Il Prof Raffaele Rauso, particolarmente noto nel campo della chirurgia
e medicina estetica del volto e del seno, è attualmente Professore
Aggregato in Chirurgia Maxillo-Facciale all’Università degli Studi
della Campania “Luigi Vanvitelli”, in Napoli, ove si occupa di
microchirurgia ricostruttiva. Si è laureato in Medicina e Chirurgia
alla Seconda Università degli Studi di Napoli con 110/110 con lode e
plauso al curriculum a soli 24 anni.