Efisio martire: 15 Gennaio Dies Natali

-
  A Cagliari, in Sardegna, sant’Efisio Martire, il quale, nella persecuzione di Diocleziano, sotto il giudice Flaviano, dopo aver superato per divina virtù molti tormenti, alla fine, decapitato, vincitore se ne volò al cielo. Così recita il Martirologio romano. La popolarità del santo Efisio, martire orientale venerato in Sardegna, è dovuta principalmente alla Passio scritta da un certo prete Mauro, che narra in modo agiografico il suo martirio. Gli studiosi ritengono che questo testo sia un falso, ma ha avuto una straordinaria popolarità e ha fornito lo spunto a raffigurazioni pittoriche degne di ammirazione. Le reliquie di Efisio furono rimosse da una chiesa presso Capo Pula e trasportate a Cagliari per maggiore sicurezza durante le invasioni barbariche. Il culto di Efisio ebbe un grande ritorno di fiamma nel 1793, quando i sardi si opposero vittoriosamente ai Francesi, che tentavano di impadronirsi dell'isola. A Efisio venne attribuito quel grosso successo militare e fu proclamato comandante supremo dei combattenti. Il martirio del generale romano cominciò a Nara, vicino a Cagliari, il 10 gennaio del 303. 

  Nella piazza accorse molta gente richiamata dall'avvenimento eccezionale. Efisio fu affidato, come del resto richiedeva il suo grado, al boia più abile dell'isola. Si trattava, narra la leggenda, d'un nero gigantesco, certo Archelao, un ex schiavo che si era guadagnato la libertà e il macabro mestiere battendosi nel Colosseo di Roma con tre leoni, due gladiatori e dieci cristiani e uccidendo tutti. Archelao alzò la scure e si accinse a calarla sul collo di Efisio. Ma, per quanti sforzi facesse il negto (alto due metri, enorme), la scure non scese. Il boia sudava, i muscoli si erano gonfiati fino a scoppiare, ma le braccia di Archelao restarono bloccate in alto. La folla lo incitava, ma senza risultato. La gente cominciava a mormorare: il generale, dicevano, è protetto dal suo Dio che non ne vuole la morte, questo Cristo è dunque ben potente. C'erano anche i cristiani, che traevano motivo di speranza e di rinnovata fede dall'impotenza del boia. La situazione era imbarazzante e pericolosa. Bisognava risolverla. Efisio fu cosparso di pece e di olio, venne coricato su una graticola sotto cui fu acceso un gran fuoco. Ma nemmeno le fiamme l'ebbero vinta, il generale rimase indenne. Il magistrato era sconvolto, il boia di più. La sentenza fu sospesa, Efisio sottoposto a tormenti supplementari: fu flagellato, incatenato, infine chiuso in un forno da pane per alcuni giorni. Le fiamme arroventarono la fornace, ma, quando il magistrato si decise a farla aprire, Efisio ne uscì con le vesti intatte. A questo punto, la folla, nella quale sempre più si maturava la convinzione che il Cristo di Efisio fosse assai più potente dell'imperatore e dei suoi rappresentanti, chiese che fosse salvata la vita del generale cristiano. Come si usava nelle arene, i presenti alzarono il pollice domandando la liberazione del suppliziato. Fu chiamato a decidere il governatore della Sardegna, Flaviano. Questi intervenne, si fece portare davanti Efisio, cercò ancora una volta di convincerlo all'abiura: gli promise vita e libertà se avesse sacrificato agli dei pagani. Ma la ferma risposta del martire lo convinse che era inutile insistere. Flaviano ordinò allora al nero Archelao di decapitare il generale e questa volta la scure piombò sul collo del condannato, spiccandogli il capo dal busto. Era il 15 gennaio del 303. 

  Il racconto è molto fantasioso e ovviamente non suffragato da fonti ufficiali. L'autore della «passio» che racconta la vicenda di Efisio, tale prete Mauro, asserisce d'aver assistito al martirio del Santo dal principio alla fine e di averne fatto la narrazione su preghiera di lui a testimonianza per i posteri. Ma si tratta evidentemente d'un falso, con cui si adattano all'eroe gli «atti» di altri martiri. Ciò nonostante, la vastissima devozione popolare per Efisio merita che si racconti il suo sacrificio secondo quanto ci è stato tramandato dalla tradizione. I Bollandisti, nel Commento al Martirologio Romano, dopo aver messo in rilievo che il prete Mauro, autore della passio, asserisce di essere stato presente al martirio del santo «a principio usque ad finem» e di averne fatto la narrazione su preghiera di lui ad esempio dei posteri,concludono che si tratta di un insigne falsario, che adattò al suo eroe gli Atti, a loro volta favolosi, di s. Procopio, martire in Palestina. Infine il Delehaye (Les légendes hagiographiques, Bruxelles 1953, pp. 135-36) nota che di originale negli Atti di Efisio non vi sono che alcuni episodi marginali mal cuciti tra loro e alcuni nomi di luogo. Il rimaneggiamento è così superficiale e grossolano che il racconto non ha neppure l'apparenza della verosimiglianza.