11 novembre, San Martino: il Santo soldato, protettore di popoli, natura e tradizioni

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  Martino è un soldato romano, patrono della Francia e dei soldati. Nasce in Ungheria nel 316, ma viene allevato a Pavia, in Italia. Il suo temperamento è umile e generoso e quando può aiuta il prossimo. Fin da bambino si reca in chiesa, di nascosto dai suoi genitori pagani, e ascolta la storia della vita di Gesù. Il padre, un comandante della cavalleria romana che chiama il figlio Martino in onore al dio della guerra Marte, lo arruola nella guardia imperiale per farne un soldato. Martino ha solo quindici anni e non vorrebbe pensare alle armi, ma ubbidisce all’autorità paterna e si trasferisce in Francia. Martino diventa uomo. Un giorno d’inverno nevica. Il giovane soldato, in sella al suo cavallo, è nei pressi della città di Amiens, quando incontra un vecchio vestito di stracci, rannicchiato su se stesso, intirizzito. Sta morendo di freddo. Martino è di buon cuore e, impietosito, non esita un attimo. Si ferma, prende la sua spada e, con un taglio netto, divide a metà il suo prezioso, caldo mantello rosso porgendone una parte al povero sfortunato. Si narra che all’istante sia uscito un sole che scaldava come se fosse estate. Da qui nasce il detto “estate di San Martino”.

  La stessa notte Martino sogna Gesù sorridente con indosso la metà del suo mantello e al suo risveglio si racconta che il mantello sia tornato integro. Il soldato si fa battezzare e abbandona la carriera militare per servire Dio, combattendo nel suo esercito di “soldati di Cristo”. Diventa monaco e nel 360 fa erigere il primo monastero d’Europa, a Ligugè, dove conduce una vita di preghiera. Nel 372 viene proclamato vescovo di Tours. Viaggia a piedi o a dorso di un asino, in visita ai villaggi di campagna dove parla di Gesù e aiuta poveri e indifesi. Martino comunica con animali e piante, compie guarigioni miracolose e converte al Cristianesimo, cambiando il cuore indurito delle persone. Muore nel 397 a 82 anni, a Tours, dove viene sepolto, meta di numerosi pellegrini a lui devoti. San Martino è popolarissimo in Francia dove quattromila chiese gli sono dedicate. Sostiene poveri, mendicanti, militari, soldati, albergatori, vendemmiatori e viticoltori. Protegge i cavalli e le oche e viene invocato contro l’alcolismo, il pericolo di sbornie e la dissenteria. Sul santo si narravano episodi straordinari: un giorno il vescovo aveva donato la sua tunica a un povero e non aveva avuto il tempo di indossarne un’altra prima della celebrazione della messa. All’elevazione si videro levarsi le sue braccia nude; ma proprio in quel momento il Signore fece scendere su di lui un globo di fuoco per glorificare chi si era spogliato per il prossimo: l’episodio è rappresentato sulla facciata del Duomo di Lucca. Un’altra volta Martino si stava recando a Roma con il vescovo di Treviri, Massimino. Su un sentiero di montagna sbucò improvvisamente un orso bruno che si avventò sull’asino divorandolo: ma fu punito da Martino che lo obbligò a portare i bagagli fino a Roma. Si diceva che il diavolo avesse tentato spesso di contrastarlo: un giorno lo aveva fatto cadere addirittura da una scala e poi aveva cercato invano di arpionarlo con un uncino. Ma il santo l’aveva sempre sconfitto e qualche volta anche burlato come narrano ancora oggi a Pont-Saint-Martin, in Val d’Aosta. Un giorno le acque in piena del torrente Lys spazzarono un ponticello in legno, unica via di accesso al paese. San Martino, che passava da quelle parti, convocò il diavolo chiedendogli di costruire un ponte in muratura. Belzebù accettò di buon grado a una sola condizione: di ricevere come compenso la prima anima che avesse attraversato il ponticello. Martino accettò la richiesta ma fece passare un cane ingannando il diavolo che se ne andò infuriato con la codona fra le gambe. La leggenda viene rappresentata ogni anno dagli abitanti nel periodo di carnevale con un corteo che attraversa il paese: san Martino vestito da cavaliere romano, le truppe del console, gruppi di Salassi, la popolazione del luogo. Alla sfilata fan da corona giochi e una grande gara di carri allegorici. Il carnevale termina con un falò: il fantoccio con le sembianze del diavolo viene condotto sul ponte dov’è bruciato e le sue ceneri gettate nel torrente. A Roma fu il primo santo non martire a essere venerato grazie a papa Simmaco (498-514) che gli dedicò una basilica sull’Esquilino, l’attuale San Martino ai Monti. A sua volta, verso la metà del VI secolo, il vescovo Felice di Belluno gli dedicò la cattedrale della città veneta eleggendolo a suo principale patrono perché era stato guarito miracolosamente dal santo. Mentre si trovava a Ravenna con l’amico Venanzio di Valdobbiadene, si era unto con l’olio della lampada che ardeva all’altare di San Martino guarendo da una grave malattia agli occhi. 

  Nella cattedrale è custodito un prezioso dipinto attribuito a Simon de Cusighe (1397) dove sono rappresentati alcuni episodi della sua vita, tra cui il taglio della clamide. La sua festa divenne una specie di capodanno perché sino alla fine dell’Ancien Régime all’11 novembre cominciava l’attività dei tribunali, delle scuole e dei parlamenti, si tenevano le elezioni municipali, si pagavano fittanze, rendite e locazioni, venivano rinnovati i contratti agrari oppure si traslocava, tant’è vero che nelle campagne i vecchi dicono ancora oggi «far san Martino» per traslocare. Giorno di precetto, era festeggiato con fiere, fuochi e banchetti innaffiati dal vin novello perché «per san Martino ogni mosto è vino»: leggero ma traditore per chi lo scambi per acqua, sicché nell’Istria la festa è detta «degli imbriagoni». L’usanza di banchettare allegramente è ancora testimoniata da molti proverbi come quello piemontese che invita ad ammassare per l’11 novembre oca, castagne e vino: «Oca, castagne e vin ten tût pe’ san Martin». Castagne e vino perché son prodotti di stagione. E le oche? Perché in quel periodo le oche selvatiche – si è suggerito – migravano da nord a sud ed erano quindi facile preda dei cacciatori. Dalla festa era nata anche una credenza, che san Martino fosse il patrono dei cornuti perché l’11novembre si svolgeva la più importante fiera di animali cornuti: sicché fu facile l’analogia fra le coma degli animali in vendita e quelle simboliche dei traditi. Anche per i bambini era festa grande perché il santo, come oggi la Befana, portava loro regalini scendendo dalla cappa del camino e, se erano capricciosi, depositava una frusta ammonitrice detta in Francia Martin bâton o martinet: usanza tipica dei periodi di capodanno ovvero di rinnovamento temporale.