La fine di Mussolini e la nascita dell'Italia del dopoguerra: tra tragedia e speranza

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  Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, l’Italia si trovava divisa non solo dal conflitto con l’occupante tedesco, ma anche da una feroce guerra civile fra italiani. La svolta di Salerno, con l’appoggio del Partito Comunista Italiano al governo Badoglio, segnò un passaggio cruciale per la ricostruzione del Paese. Palmiro Togliatti, leader comunista rientrato dall’esilio in URSS, agì con un pragmatismo spregiudicato, conciliando la fedeltà a Stalin con il bisogno di assicurare un futuro politico per l’Italia. Stalin, infatti, non puntava su un’Italia comunista nell’immediato, ma voleva garantirsi un Paese utile alla causa sovietica nel futuro assetto geopolitico. In questo quadro, la resistenza non fu solo una lotta contro i tedeschi, ma una vera e propria guerra civile fra italiani. 

  L’elemento comunista all'interno delle formazioni partigiane cercava di ottenere il controllo assoluto della resistenza, causando scontri interni tra le diverse fazioni. Il conflitto non si esaurì con la fine della guerra, ma continuò con vendette, esecuzioni sommarie e violenze che segnarono profondamente il dopoguerra. Uno degli episodi più drammatici della fase finale del conflitto fu l’esecuzione di Benito Mussolini e di Claretta Petacci, avvenuta nell’aprile del 1945. Mussolini, catturato dai partigiani mentre tentava di fuggire verso la Svizzera, venne giustiziato sul posto. La decisione di non processarlo fu motivata dal timore che un processo pubblico avrebbe ulteriormente diviso il Paese. Mussolini, ormai l'ombra di se stesso, non doveva avere la possibilità di usare un tribunale per rilanciare il suo mito. L’ordine di fucilazione venne approvato a posteriori dal Comitato di Liberazione Nazionale, ma l’esecuzione fu decisa e portata a termine dai vertici del Partito Comunista, con Luigi Longo in prima linea. Il giorno seguente, i corpi di Mussolini, della Petacci e di altri gerarchi fascisti furono esposti a Piazzale Loreto, a Milano, in uno spettacolo che indignò molti, anche tra i vincitori. La folla, radunatasi per vedere i cadaveri appesi per i piedi, manifestò una rabbia feroce, sputando e orinando sui corpi. Ferruccio Parri definì l’evento una "macelleria messicana", ma si trattò di una giustizia di piazza all’italiana, orrenda nella sua crudeltà. 

  Molti antifascisti furono testimoni di quella scena e non poterono fare a meno di provare vergogna per ciò che era avvenuto. Se l’esecuzione di Mussolini poteva essere vista come necessaria per evitare un processo che avrebbe ulteriormente dilaniato l’Italia, quella di Claretta Petacci fu un omicidio gratuito, dettato solo dal desiderio di vendetta. Anche il corpo di Claretta venne appeso a testa in giù, denudato e umiliato dalla folla. Queste scene furono talmente brutali da indignare persino Adolf Hitler, che nel suo bunker a Berlino, già isolato dalle bombe sovietiche, ebbe una crisi di rabbia quando la radio tedesca annunciò la notizia. Hitler, che considerava Mussolini quasi un maestro, rimase profondamente colpito dalla fine del Duce, giurando che a lui non sarebbe toccata una sorte simile. Ma l’Italia del 1945 non era solo un paese dilaniato dalla guerra e dalle divisioni interne. Era un Paese piagato, sì, ma con una risorsa preziosa: la speranza. A differenza dell’Italia di oggi, dove la prosperità ha portato comodità come i telefoni cellulari anche nelle mani dei bambini, quella generazione credeva fermamente che il futuro sarebbe stato migliore. Era la convinzione che il domani avrebbe portato progresso, e che dopodomani sarebbe stato ancora migliore. Questa speranza, che spingeva milioni di italiani a rialzarsi dalle macerie, fu il vero motore della rinascita. Grazie a essa, il Paese riuscì a risollevarsi, a ricostruirsi e a rimettere in moto un’economia che, negli anni successivi, avrebbe portato al cosiddetto "miracolo economico". 

  In quel momento, nonostante tutto, l'Italia aveva qualcosa di essenziale: la fiducia nel futuro, che la guerra non era riuscita a spezzare. Forse proprio questa fiducia, questa volontà di guardare oltre la devastazione, permise al Paese di risorgere dalle ceneri della guerra, lasciandosi alle spalle il fascismo e costruendo la Repubblica.