Memorie algheresi: Lu carru de arruscià - L’autocarro dell’acqua

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  Giusto per non dimenticare, ad Alghero, nel passato, passato remoto e speriamo non nel futuro, solo per come sta andando il clima, ha sempre avuto un problema… L’acqua, ma non quella di mare che è sempre bastata e avanzata. Ma l’acqua dolce, quella che ora noi comunemente chiamiamo potabile. Alghero di acqua ne ha sempre avuta, il mare ne è sempre stato pieno anche durante le stagioni siccitose, che non sono mai mancate e allora grazie al mare e non al cielo ci siamo salvati, in fondo sempre acqua è. Alghero non avendo fiumi che passano di lato faceva affidamento all’acqua che ci passa di sotto, sottoterra. Di pozzi e cisterne la città ne era ed è piena, e questi erano pieni di acqua che era alimentata dalle vene sotterranee o talvolta da quella piovana raccolta dai tetti. Aveva un difetto, si trovava troppo in basso, motori non se ne usavano e portarla al terzo piano era una fatica e la rete idrica era là da venire. 

  “Pualz i gerras” secchi e gerle erano gli antenati dei pacchi delle bottiglie di plastica . La rete idrica, in via di esecuzione nei palazzi, un confort là da venire, era costruita con tubi di piombo con un passaggio talmente stretto che il dito mignolo non ci entrava, per gli anglofili smaniosi rivelerò la misura in pollici con questa sigla 3/8”. Si dice treottavidipollice anche ad Alghero. Di pressione manco a parlarne, dove c’erano i rubinetti l’acqua scendeva a “un fil”, quindi era più facile che l’acqua arrivasse a casa con “lu pual” per usi generici e con la “gerra” per usi alimentari. Naturalmente per la disponibilità dell’acqua in rete bisognava pagare dazio, ma non quello comunale, quello non si pagava, ma una conseguenza subdola, l’acqua che piano piano, dentro i tubi di piombo arrivava nelle case, conteneva...piombo. Oggi possiamo dire sintomi da Saturnismo e la chiudiamo lì, allora nessuno ne sapeva niente e ad Alghero di gente, sotto, sopra e fuori dalle righe, eccentrica o fuori di testa non ne è mai mancata. Chi se la scampava dal Saturnismo, poteva benissimo accumulare nell?organismo ingenti quantità di Calcio che era disciolto nell’acqua e una discreto numero di "perras" calcoli renali o alloccati in altri posti. Sarebbe stato interessante osservare cosa sarebbe successo se la Fontana della Billellera, anziché a Sorso si fosse trovata ad Alghero. Ognuno la pensi come vuole, ma non tutta l’acqua era grigia come il piombo o pesante come le pietre, si fa per dire, ma era anche motivo di autentica e sfrenata felicità per i bambini. 

  Un camioncino fiat con la botte metallica montata al posto cassone circolava d’estate fra le strade del centro storico, dove poteva passare. “Lu carru de arruscià” il camion per innaffiare le strade e quant’altro, montava montava una pompa centrifuga davanti al paraurti anteriore e spruzzava acqua a pressione con due bocchette appiattite laterali, ciascuna bagnava una metà della strada. Questo servizio comunale assolveva a svariate esigenze, quella di abbattere la polvere che in continuazione producevano le macerie “dels palaus gittaz”, i palazzi bombardati nel Maggio del 43, “ la nit de san Pasqual”, come igienizzante, veniva lavato “lu ciuc de la sindria i pisciat dels cavalls...i de las palsonas. E si faceva scorrere un un po' di acqua nei tombini delle fogne, apportando un po' di sollievo nell’ambiente circostante. E ora arriva il bello, “la laghingia” i bambini in festa accoglievano questo getto itinerante cercando anche di bagnarsi per ottenere refrigerio, si cantava in continuazione una filastrocca, ovviamente in algherese che recitava così : Elu elu, lu carru de arruscià, arruscia lus carrels, a un peu i a una mà. Non chiedetemi il senso di questa filastrocca, non lo conosco, ma so a cosa serviva. Era un richiamo cantato a squarciagola dai bambini per richiamare altri bambini, l’autista stava al gioco, talvolta aumentava il getto e “la pipinera” ne approfittava per usufruire di una lavata gratuita. Svuotata la botte, si andava presso il pozzo della piazzetta accanto alla chiesa di San Francesco, un tubo pescava dal pozzo e riempiva di acqua la botte, pronta per un altro giro. Capitava però che l’acqua non venisse usata in maniera non conforme agli usi canonici, per una serie di motivi non seri, talvolta si trasformava in un “batil” gavettone, una secchiata di acqua rovesciata in testa al soggetto che si voleva richiamare all’ordine. Nacque così, nei circoli culturali della città,“las tavenas” le bettole, la teoria della funzione educatrice del ”batil”. Data l’assonanza delle parole “ batilat, colui che aveva subito il batil, con “battiat” il battezzato, quasi si dava al gesto la stesso valore morale. Se il battezzato veniva lavato dal peccato originale, il batilato, espiando la colpa commessa, veniva lavato e condotto a più miti atteggiamenti. IN VINO VERITAS. Come abbiamo detto, nel sottosuolo di Alghero, l’acqua non è mai mancata, talvolta ha costituito un problema per le nuove costruzioni della città che si stava estendendo in larghezza in altezza ed in profondità, i sotto piani con vena d’acqua annessa. Chi ne ha sempre beneficiato è, stata la numerosa categoria degli ortolani. 

  A nord di Alghero la città vantava orti rigogliosi e “sani” questi costituivano un fonte di lavoro e di ricchezza per il commercio di verdure sempre di ottima qualità. Si vendeva bene nei mercati vicini e lontani, a Sassari la verdura algherese era apprezzata e costava di più di quella locale, per il motivo che più avanti spiegheremo in Liguria si spedivano le primizie con largo anticipo, il clima ci avvantaggiava. Per il trasporto cavalli e carri non ne mancavano, questi partivano la sera prima se la destinazione era PortoTorres per l’ imbarco o la mattina all’alba per Sassari. Gli orti Algheresi sempre irrigati con “l’algua del ciafarec” ,pompata dai pozzi superficiali che avevano acqua fresca e salubre, si poteva bere. Veniva immessa nei “ciafarec” i vasconi, che ogni orto possedeva. Il motivo era che all’interno l’acqua si stemperava, era troppo fredda per essere distribuita sui solchi, perdeva acidità e aumentava l’ossigeno disciolto. Una manna per l’orticoltura. Al contrario a Sassari l’acqua di irrigazione era quella che delle fogne della città, eccessivamente calda, eccessivamente grassa, e qui ci fermiamo.