La Sardegna: madre patria dei canti a tenore, cuncordu, cuntzertu, cussertu, cuntrattu, taja

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  Occuparsi delle tradizioni canore della nostra amata isola è sempre più complicato; e questo accade perché il Mondo di oggi, è continuamente attento alle mode, e sempre meno interessato a quell’ambiente antropologico che si ritrova nella musica popolare sarda. Per musica popolare sarda, intendo quel grande insieme di persone e pratiche artistiche strettamente connesse tra loro e intimamente legate alla Lingua Sarda; una di queste branche della musica popolare sarda, si riferisce al canto polivocale sacro e profano a 4 voci. Per canto polivocale a 4 voci, si intende, sostanzialmente, in Sardegna, quel modo di cantare e di vivere riconducibile al tenore, cuncordu, cuntzertu, cussertu, cuntrattu, taja. 

  La pratica del cantare a 4 voci, oggi, riguarda numerose località ed altrettante persone coinvolte in questa antica forma musicale; ulteriormente, esistono dei gruppi formatisi per la divulgazione e conservazione delle consuetudini sociali (religiose e profane) legate ai canti specifici di ogni paese di Sardegna. Citando luoghi in cui il canto a 4 voci non è mai stato abbandonato: Orosei, Santu Lussurgiu, Castelsardo, Bonnanaro, Fonni, Orgosolo, Orune, Seneghe (sono solo alcuni esempi), sappiamo anche di località in cui la tradizione del canto è stata ottimamente ricostituita, come a Nughedu San Nicolò (ad es.). Vi sono anche paesi in cui la tradizione del cantare a 4 voci (cuncordu, tenore, etc) è spesso confusa con il coro polifonico “a tante voci”, e persino resa ibrida, con rilevanti effetti “negativi” sulle dinamiche antropologiche tipiche e fondamentali del cantare a 4 voci. Il cantare a 4 voci identifica numerose comunità della Sardegna in cui questa pratica canora si manifesta come un fatto sociale; fatto sociale, perché non riporta soltanto la gente all’azione del cantare e del piacere di farlo, ma anche ad influire su luoghi, situazioni ed atti in cui le dinamiche del sacro e del profano, condizionano la vita di tutti i giorni. 

  Coloro che cantano a 4 voci, utilizzano la poesia e la lingua locale per amplificare le intenzioni umane e spirituali della comunità, nel momento in cui vengono espressi quei particolari brani; ed è ciò che accade nei Riti della Settimana Santa, dove, ad esempio, un canto eseguito nel Venerdì Santo si congiunge perfettamente e intimamente al cerimoniale liturgico e paraliturgico, così come durante il Carnevale, un canto “a ballo” o “goliardico” è motivo di grande aggregazione tra le persone, e accresce il sentimento di festa. 

  Cantare a 4 voci, si rivolge alle comunità anche come un mezzo per affrontare alcune piaghe sociali, quali la droga e l’alcool, così come la criminalità in genere, poiché le regole in seno ad un gruppo di cantori e/o alla confraternita sono corrispondenti ad una positiva condotta esistenziale. Non si devono dimenticare altri due fattori sociali legati ai canti a 4 voci: il turismo e il rapporto con la comunità scientifica; il primo, è chiaramente riconducibile a tutto ciò che ruota attorno ad un evento culturale (cittadini, esercizi commerciali, etc), ma attira ulteriormente quelle persone che praticano un turismo “alternativo” (religioso, sagre, feste). Il rapporto che intercorre tra i gruppi di cantori e la comunità scientifica è indubbiamente importante: l’unicità e la diffusione della tradizione polivocale sacra e profana a 4 voci in Sardegna, fa sì che gli addetti ai lavori trovino “in situ” le condizioni migliori per lo studio e la ricerca sul campo.