L’abito tradizionale sardo, in tutte le località isolane, ha sempre
mostrato le sue particolarità sartoriali in intimo legame con gli altri
preziosi insiemi culturali d’ambito demoetnoantropologico, quali sono
i balli e gli strumenti musicali, la liturgia e la paraliturgia cristiana, le
superstizioni e le leggende, le dinamiche della nascita degli individui
con l’esistenza e la morte degli stessi. Un articolo, si sa, non ha la
medesima forza divulgativa di un libro, poiché non può attenersi alle
specifiche di un lavoro scientifico, ma cercherò di offrire almeno
qualche riga di ricerca dedicata su quattro elementi del vestiario sardo
femminile: i corpetti, i capi da spalla, i bottoni e gli amuleti.
I corpetti femminili, ci riportano ad un capo di vestiario della
tradizione di Sardegna, suddiviso essenzialmente in tre grandi
modalità di concepire questo importante abbigliamento: i bustini o
corpetti “rigidi”, i corpetti “morbidi”, i corpetti “a fascia”.
I busti
“rigidi” sono prevalentemente raggruppati, usati, nel Goceano e nel
settentrione dell’isola, e sostanzialmente sono composti da due parti
corrispondenti tra loro e legate, nella parte posteriore, con un
intreccio di nastri passanti dentro semplici fori del tessuto o appositi
occhielli rotondi. Anteriormente, il corpetto viene solitamente
allacciato sotto il seno con stringhe di tessuto passanti dentro ad anelli
metallici ripresi a “punto occhiello”. Spesso, i corpetti “rigidi”
prevedono all’interno della fodera l’inclusione di stecche metalliche e
di sezioni di piante come la palma nana, che garantiscono
all’indumento di tenere la forma desiderata. Quasi tutti i corpetti
sardi, mantengono la funzione di aderire al busto per essere modellati
sul davanti affinché sorreggano il seno delle donne; e sono certamente
gli indumenti maggiormente coinvolti dal punto di vista della
ricchezza ornamentale, e nell’uso di tessuti preziosi.
Così come è degno di nota parlare dei corpetti “rigidi”, per una più
specifica comprensione dell’insieme dei corpetti femminili sardi, è
doveroso citare quei particolarissimi e rari corpetti “a fascia”.
Utilizzati soltanto in pochissimi paesi della Sardegna, tra cui Gavoi,
Fonni, Mamoiada, Ovodda, Olzai, Ollolai e Dorgali, i corpetti “a
fascia” sono tessuti con una stretta banda di stoffa che circonda il
busto della donna passando sotto il seno per esser sostenuta da fini
bretelle; questo genere di fascia può essere talvolta imbottita e resa
semi-rigida con degli inserti di cartone. Le caratteristiche punte
anteriori del corpetto “a fascia” potrebbero ricondurre ad una
condizione visiva del capo d’abbigliamento che richiama l’esaltazione
del seno femminile: non è su questo articolo, però, che è lecito dare
spazio a simili indagini culturali.
I capi da spalla in Sardegna, si possono convenzionalmente raccogliere
all’interno di tre grandi insiemi di indumenti: giubbetti, boleri,
casacchini e giacchini; nonostante ciò, resta molto arduo individuare
le infinite specifiche che questo tipo di vestiario ha offerto in Sardegna
nel corso del tempo sino ai nostri giorni. Di norma si parla di capi di
vestiario realizzati con tessuti pesanti quali l’orbace, il panno e il
velluto; e la loro struttura e funzione visiva comprende specialmente
la copertura di spalle, schiena e braccia, lasciando che la parte
anteriore sia pressoché inesistente o alleggerita, così da porre in
evidenza la camicia e il corpetto. Il magnifico ed inimitabile capospalla
tradizionale di Sennori, può essere ascritto nella categoria dei
“giubbetti” e viene indossato egregiamente al di sotto di uno splendido
corpetto, o bustino, del tipo “rigido”.
I capi da spalla conosciuti come boleri, li vediamo spesso adorni sulle
maniche con la presenza della cosiddetta “buttonera”: si tratta di una
serie di bottoni in filigrana d’argento di pregevole gusto orafo; talvolta
è possibile osservare bottoni d’oro, sempre del medesimo stile sardo. A
Bonnanaro il bolero è chiamato “corìttu”, e sulle maniche sfoggia
degnamente, e più precisamente dalla metà dell’avambraccio sino al
polso, una “buttonera”, solitamente composta dai sei ai dodici bottoni
in filigrana d’argento. Il bolero è quell’indumento capospalla,
contraddistinto da una lunghezza che per lo più non ricopre la
schiena, limitandosi solo alle spalle; il bolero mostra sempre maniche
lunghe e strette, e in diversi casi, brevi aperture in cui si intravede la
camicia. L’areale di diffusione geografica del bolero è prevalentemente
quella centro-settentrionale della Sardegna, e nella bellissima Baronia.
Ritornando alla “buttonera”, non dimentico di segnalare anche la sua
presunta funzione apotropaica, dove la tematica propiziatoria, di buon
auspicio, e scaccia malocchio, sembrano legate a questo particolare
insieme di gioielli sardi.
I bottoni sardi, come quelli che chiudono una camicia, sono in
filigrana d’oro o argento, presentano una lavorazione con filo ritorto e
granulazione: questo genere di bottoni creati a calotte semisferiche
appena schiacciate, sono conosciuti come “a melagrana”, e si tratta di
bei modelli orafi diffusissimi in tutta la Sardegna.
Vengono indossati,
frequentemente, i bottoni del tipo “alla nuorese”, detti anche “a
pigna”: hanno una calotta inferiore semisferica, e una calotta
superiore conica.
Parlando ancora di gioielli, e nello specifico di amuleti, spesso si vede
adagiato sui ricami di una camicia femminile quel particolare ciondolo
chiamato “su cocco”, o “su coccu” secondo altri; ed in alcune zone
dell’isola si conosce anche col nome di “pinnadellu”, e “sabegia”.
Amuleto davvero diffuso in tutto il territorio sardo, “su cocco”
prevede abitualmente l’uso di una sfera nera d’onice, d’ossidiana o di
giaietto racchiusa in un ornamento simbolico con catenella d’argento:
non molto tempo fa in Sardegna si credeva, e forse lo si “crede”
tuttora, che potesse placare ogni tipo di dolore, ed era ritenuto efficace
ad allontanare ogni animale velenoso. L’amuleto “su cocco”, interessa
anche le dinamiche di protezione contro il malocchio; non soltanto
quando viene indossato, ma anche quando è messo nelle culle, per
preservare il neonato da ogni male fisico e spirituale.