È una battaglia che va ben oltre le formule giuridiche, quella che Italia Nostra Sardegna ha deciso di combattere in difesa della legge regionale n. 20 del 2024. Una battaglia che riguarda il diritto delle comunità a pianificare il proprio territorio e opporsi a quella che, senza mezzi termini, viene definita «una speculazione energetica che stava trasformando l’isola in un vero e proprio hub al servizio di interessate multinazionali».
La legge, approvata lo scorso dicembre dal Consiglio regionale, è stata la prima in Italia a disciplinare in modo organico le cosiddette “aree idonee”, ovvero quei luoghi dove è possibile installare impianti industriali per la produzione di energia da fonti rinnovabili, tutelando nel contempo il paesaggio, le aree rurali e le comunità locali. Un atto di pianificazione territoriale che intende riportare ordine dove, per troppo tempo, ha regnato il caos normativo.
Ma il governo nazionale ha deciso di impugnare la legge davanti alla Corte costituzionale. Da qui la reazione di Italia Nostra, che nei giorni scorsi ha presentato un parere ad opponendum per chiedere il rigetto del ricorso governativo, sottolineando come la legge sia stata adottata nel pieno rispetto della normativa europea e nazionale. La legge regionale, infatti, recepisce quanto stabilito dalla legge di delegazione europea n. 53/2021, la quale assegna alle Regioni il compito di individuare le aree idonee, nel rispetto delle proprie specificità.
«Pur ritenendo che la legge contenga diverse criticità e molti punti deboli – ammette l’associazione – Italia Nostra la considera uno strumento estremamente utile per la salvaguardia del territorio». È dunque un sostegno critico, ma convinto, quello all’articolato normativo della Regione Sardegna, vista l’urgenza di arginare l’incontrollato sviluppo di impianti FER (fonti di energia rinnovabile), spesso collocati in aree agricole di pregio, a discapito del patrimonio ambientale e della filiera agroalimentare.
La legge regionale, come ricordato nel parere, privilegia l’uso di strutture già edificate – capannoni industriali, parcheggi, aree non idonee ad altri scopi – e individua una serie di zone da salvaguardare, andando anche oltre i limiti fissati dalla normativa statale. Ed è proprio questo uno dei nodi del ricorso del governo, che contesta l’eccesso di potere da parte della Regione. Ma la Consulta, in diverse pronunce, ha già riconosciuto la possibilità per le Regioni di adottare norme “più rigorose” rispetto a quelle statali, in nome della tutela del territorio e della salute pubblica.
Italia Nostra, nel suo documento, chiede alla Corte non solo di salvare la legge regionale, ma anche di accertare la incostituzionalità del decreto legislativo 199/2021 – attuativo della legge 53/2021 – e del successivo decreto MASE del giugno 2024, per violazione dell’art. 76 della Costituzione. Secondo l’associazione, il governo avrebbe ecceduto i limiti della delega, imponendo vincoli alle Regioni non previsti dalla norma madre e adottando con oltre tre anni di ritardo i decreti necessari alla regolamentazione del settore.
Un ritardo che ha provocato una vera e propria deregulation del territorio, impedendo alle Regioni di tutelarsi e lasciando campo libero all’assalto delle rinnovabili in assenza di pianificazione. «Quattro lunghi anni di vuoto normativo – accusa Italia Nostra – durante i quali impianti industriali sono stati insediati nelle aree agricole, con gravi ripercussioni sull’agricoltura e sul paesaggio».
In attesa della pronuncia della Corte costituzionale, attesa nei prossimi mesi, la partita resta aperta. Ma una cosa è certa: dietro la sigla "L.R. 20/2024" non c’è solo una norma, c’è un principio. E difenderlo oggi significa stabilire se la Sardegna sarà padrona del suo destino o retrocessa a mera servitù energetica.