La morte di Papa Francesco: Fine di un Pontificato rivoluzionario

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Alle ore 7:35 del 21 aprile 2025, Papa Francesco — al secolo Jorge Mario Bergoglio — è tornato «alla casa del Padre», come annunciato dal cardinale Kevin Farrell durante una diretta da Casa Santa Marta. La scomparsa del 266° Pontefice della Chiesa cattolica, all’età di 88 anni, conclude un’epoca segnata da riforme audaci, impegno per i poveri e una costante attenzione alle sfide globali. La morte, attribuita a complicazioni polmonari croniche, giunge dopo mesi di ricoveri e convalescenze che non avevano intaccato la sua determinazione nel guidare la Chiesa. Questo articolo esplora il contesto della sua dipartita, il percorso umano e spirituale di Bergoglio, le innovazioni del suo magistero, e le implicazioni per il futuro del cattolicesimo. Negli ultimi anni, la salute di Francesco era diventata sempre più fragile. Afflitto da problemi polmonari risalenti a un’infezione contratta a 21 anni — quando gli fu asportata parte del polmone destro[6] —, il Pontefice aveva subito un lungo ricovero al Policlinico Gemelli di Roma tra febbraio e marzo 2025 per una doppia polmonite potenzialmente letale. Nonostante un parziale recupero delle funzioni respiratorie e motorie, confermato da radiografie ad aprile, il danno agli alveoli e ai muscoli respiratori si rivelò irreversibile. La mattina del 21 aprile, dopo aver trascorso la Pasqua in Piazza San Pietro — dove aveva benedetto i fedeli dalla "papamobile" nonostante le sue condizioni sono peggiorate rapidamente, portando al decesso nelle prime ore del giorno. La comunicazione della morte segue il rigoroso protocollo vaticano. Il cardinale Farrell, prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, lesse il bollettino ufficiale in diretta mondiale, sottolineando come Francesco avesse «dedicato ogni istante al servizio del Vangelo e degli ultimi». La scelta di Farrell, figura vicina al Papa nelle battaglie per l’inclusione, rifletteva la volontà di Bergoglio di affidare il suo testamento spirituale a chi ne avrebbe custodito l’eredità riformatrice. Nato a Buenos Aires il 17 dicembre 1936 da genitori piemontesi emigrati in Argentina[4][6], Bergoglio visse un’adolescenza segnata dalla povertà e dalla passione per il calcio. Dopo un breve impiego come chimico e buttafuori, entrò nel seminario dei Gesuiti nel 1958, trovando nella Compagnia di Gesù un modello di rigore intellettuale e impegno sociale[6]. Ordinato sacerdote nel 1969, scalò rapidamente i ranghi ecclesiastici, diventando arcivescovo di Buenos Aires nel 1998 e cardinale nel 2001. La sua leadership si distinse per la vicinanza alle *villas miserias*, i bassifondi argentini, dove promosse mense e centri di accoglienza. Il conclave del 2013, convocato dopo le dimissioni di Benedetto XVI, elesse Bergoglio al quinto scrutinio con il motto *miserando atque eligendo* («avendo misericordia, lo scelse»). La scelta del nome Francesco — primo nella storia papale — simboleggiò fin da subito una rottura con il passato: come il Poverello d’Assisi, il nuovo Pontefice intendeva «ricostruire la Chiesa» attraverso la semplicità e la prossimità ai marginalizzati. Il suo primo discorso dalla loggia di San Pietro, in cui si definì «vescovo venuto dalla fine del mondo», fissò i cardini di un pontificato destinato a polarizzare conservatori e progressisti. Shutterstock Francesco rivoluzionò la dottrina sociale cattolica enfatizzando la misericordia divina sulle questioni dottrinali. L’esortazione apostolica *Evangelii Gaudium* (2013) invitò la Chiesa a diventare «in uscita», abbandonando l’autoreferenzialità per immergersi nelle «periferie esistenziali». Questa visione si tradusse in gesti concreti: nel 2016, autorizzò i sacerdoti a assolvere il peccato dell’aborto, e nel 2023 approvò le benedizioni per coppie omosessuali, pur specificando che non costituivano un riconoscimento sacramentale del matrimonio. La nomina di suor Simona Brambilla a prefetta del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata nel 2024 segnò un passo storico verso il coinvolgimento femminile nella Curia. Il pontificato di Francesco fu caratterizzato da un attivismo senza precedenti sui temi globali. La visita a Lampedusa nel 2013, primo viaggio extra-Urbe, denunciò la «globalizzazione dell’indifferenza» verso i migranti. L’enciclica *Laudato si’* (2015) integrando ecologia e giustizia sociale, divenne un manifesto per i movimenti ambientalisti. Durante la guerra in Ucraina, il Papa condannò ripetutamente il «suicidio dell’umanità» legato agli armamenti, offrendosi come mediatore tra Kiev e Mosca. Queste aperture provocarono aspre resistenze. Il motu proprio *Traditionis Custodes* (2021), che limitò la Messa in latino, alienò i lefebvriani, mentre le critiche al capitalismo sfrenato in *Fratelli tutti* (2020) suscitarono polemiche in ambienti conservatori statunitensi. Ciononostante, Francesco mantenne un dialogo con i critici, insistendo sul primato del «discernimento» rispetto al «legalismo». Oltre alla storica condizione polmonare, Francesco affrontò numerosi acciacchi: un’ernia addominale operata nel 2021, artrosi al ginocchio che lo costrinse alla carrozzina dal 2022, e ricorrenti bronchiti negli ultimi due anni. Nonostante ciò, rifiutò di abdicare, seguendo l’esempio di Giovanni Paolo II nel «servire fino alla fine». Il ricovero al Gemelli del 2025 rappresentò il culmine di questa lotta. In un messaggio dal letto d’ospedale, il Papa scrisse: «Anche nella fragilità, possiamo amare e pregare». Le immagini del suo saluto in carrozzina dalla clinica, il 23 marzo, commossero il mondo. Nei giorni seguenti, continuò a presiedere udienze private, dimostrando una dedizione che, secondo i collaboratori, accelerò il suo declino. Dai slum di Nairobi alle cattedrali europee, la morte di Francesco unì voci disparate. Il segretario generale dell’ONU definì il Papa «un faro di compassione in tempi bui», mentre il presidente argentino ricordò «il pastore che portò l’America Latina nel cuore della Chiesa». Comunità LGBTQ+ e ambientalisti resero omaggio al suo coraggio, mentre i tradizionalisti cattolici ne lodarono la «coerenza dottrinale» nonostante le divergenze. Francesco lascia una Chiesa profondamente trasformata. Sebbene le sue riforme strutturali — come la sinodalità promossa dal processo avviato nel 2023 — rimangano incompiute, il suo magistero ha riorientato il cattolicesimo verso una maggiore attenzione ai temi sociali. La sfida per il successore sarà bilanciare innovazione e unità, in un contesto globale sempre più diviso. Con la morte di Francesco, la Chiesa si prepara a un conclave che potrebbe essere tra i più divisivi della storia recente. I cardinali elettori — molti nominati dallo stesso Bergoglio — dovranno scegliere tra continuare la linea riformatrice o privilegiare una stabilizzazione dottrinale. Tra i papabili figurano il conservatore cardinale Péter Erdo di Budapest e il moderato cardinale Matteo Zuppi di Bologna. In un messaggio non pubblicato, redatto prima della morte, Francesco avrebbe esortato i cardinali a «cercare un pastore che ami l’odore delle pecore, non dei palazzi». Qualunque sia l’esito, il suo pontificato resterà un punto di riferimento per chi sogna una Chiesa «povera per i poveri». Papa Francesco ha incarnato le contraddizioni e le speranze del suo tempo: un rivoluzionario mite, un tradizionalista innovatore, un leader globale rimasto un semplice parroco. La sua morte non chiude un capitolo, ma apre un interrogativo sul futuro della fede in un’era di crisi climatica, disuguaglianze e guerre. Come scrisse in *Fratelli tutti*, «la speranza è audace, sa guardare oltre le comodità». In questa audacia risiede l’eredità più duratura di Jorge Mario Bergoglio.