Parallelamente
alla crisi economica, la Sardegna vive da anni una grave crisi demografica.
I dati parlano chiaro: l’isola ha il più basso tasso di fecondità in Italia,
appena 0,91 figli per donna contro una media nazionale di 1,20?. Ciò
significa che ogni generazione non viene rimpiazzata nemmeno per la metà. Il
risultato è che la popolazione giovane (0-14 anni) rappresenta solo il 10%
circa del totale?, percentuale più bassa del Paese, mentre cresce il peso
degli anziani.
Anno dopo anno
la Sardegna perde pezzi: in soli 12 mesi l’isola ha visto svanire 8.314
residenti?. Dal 2016 ad oggi il calo supera le 88.000 persone?– come se in
meno di un decennio fosse sparita una città grande quanto Sassari! Questo spopolamento
costante è dovuto a due fattori principali: Crollo delle nascite: nel 2023 si sono registrate appena ~7.200 nascite a fronte di oltre
18.500 decessi?. Il saldo naturale (nascite meno morti) è fortemente
negativo (-11.332)? e destinato a peggiorare dato che le donne in età
fertile sono sempre di meno. Senza nuovi ingressi, la popolazione è
condannata a ridursi e invecchiare. Le previsioni ISTAT stimano che la
Sardegna perderà il 21% dei suoi abitanti entro il 2050, se i trend
non cambiano?. Emigrazione dei giovani: centinaia di ragazzi sardi ogni anno fanno le valigie in cerca di
opportunità altrove (il fenomeno riguarda sia l’estero sia, soprattutto,
la penisola italiana). Nel 2023 il saldo migratorio interno della
Sardegna è risultato negativo (-598 unità)?, segno che più persone
sono andate via verso il continente di quante siano arrivate dall’Italia.
Chi parte sono spesso i più istruiti e intraprendenti, attirati da
stipendi migliori e maggiori prospettive nelle città del Nord o
all’estero. È la fuga dei cervelli (e delle braccia) che priva
l’isola delle sue energie più giovani.
Da
notare che solo l’immigrazione dall’estero compensa in parte le perdite:
negli ultimi anni la Sardegna è tornata ad attirare stranieri, con un saldo
positivo (+3.616 nel 2023)?. Oggi circa 52 mila residenti (3,4% della
popolazione) sono cittadini stranieri, provenienti soprattutto da Romania,
Senegal, Marocco, Cina e Ucraina?. Tuttavia, queste cifre non bilanciano il
crollo naturale e l’esodo giovanile. Molti nuovi immigrati si concentrano nelle
città maggiori e faticano a integrarsi in paesini semi-deserti. Le cause
dello spopolamento sardo sono in gran parte economiche e sociali. La
carenza di lavoro stabile, la mancanza di servizi in molte zone interne
(scuole, ospedali, trasporti) e l’isolamento geografico hanno scoraggiato
intere generazioni dal mettere radici sull’isola. Emblematico il commento amaro
di un sindaco dell’interno: «Chi si trasferirebbe in un paese dove non c’è
la farmacia, manca il medico, la scuola è lontana?»?. Alla base c’è un
tessuto produttivo debole:
agricoltura e pastorizia in crisi, poca industria, turismo concentrato in poche
aree e per brevi stagioni. Giovani brillanti di Barbagia o del Sulcis
preferiscono diventare operai a Milano o camerieri a Londra piuttosto che
restare disoccupati nel loro paese.L’isola
rischia di diventare “l’isola dei pensionati” in futuro??, con paesi
abitati solo da anziani e qualche straniero, mentre i figli e nipoti vivono
altrove.
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