Dalla teoria cazara alla post-verità: il complottismo nell'era digitale

Un mito che si rinnova: la persistenza della teoria cazara nel XXI secolo

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Il mito della discendenza cazara degli ebrei ashkenaziti, benché screditato dalla storiografia e dalla genetica, continua a proliferare nell'era digitale. La sua resilienza non dipende dalla solidità delle prove, bensì dalla capacità di adattarsi ai nuovi mezzi di comunicazione e alle trasformazioni culturali della società contemporanea. In un'epoca in cui la post-verità domina il dibattito pubblico, le vecchie mistificazioni trovano nuovo ossigeno in rete, dove il confine tra realtà e finzione si fa sempre più labile.

Internet ha rivoluzionato il modo in cui le informazioni vengono create, distribuite e assimilate. L'avvento dei social media ha reso possibile la diffusione virale di narrazioni distorte, rendendo le teorie del complotto più accessibili e attraenti per un pubblico globale. La teoria cazara, con il suo mix di elementi storici reinterpretati e narrazioni pseudo-scientifiche, si inserisce perfettamente in questo nuovo panorama della disinformazione.

Piattaforme come YouTube, Facebook, X (ex Twitter) e TikTok sono diventate terreno fertile per la propagazione di idee complottiste. Algoritmi progettati per massimizzare l'engagement privilegiano contenuti sensazionalistici rispetto a quelli basati su un'analisi rigorosa. In questo contesto, l'idea che gli ebrei ashkenaziti non siano "veri ebrei" continua a circolare in gruppi neonazisti, ambienti anti-sionisti radicali e persino in frange dell'attivismo di estrema destra e sinistra.

Un fenomeno significativo è l'uso delle "bolle informative", ovvero ecosistemi digitali chiusi in cui gli utenti ricevono solo informazioni che confermano le proprie convinzioni preesistenti. Il risultato è un rafforzamento della teoria cazara attraverso continui rimandi interni, senza mai confrontarsi con fonti accademiche o verificabili.

Nel 2016, l'Oxford Dictionary ha proclamato "post-truth" (post-verità) parola dell'anno, definendola come una condizione in cui "i fatti oggettivi sono meno influenti nella formazione dell'opinione pubblica rispetto alle emozioni e alle convinzioni personali". La teoria cazara è un esempio perfetto di questo fenomeno: non importa quanto siano schiaccianti le prove contro di essa, il suo pubblico di riferimento continuerà a credervi perché essa si allinea alle loro premesse ideologiche.

In questo scenario, l'autorevolezza delle fonti diventa secondaria rispetto alla capacità di suscitare reazioni emotive. La narrativa cazara fornisce un'interpretazione semplicistica della storia, trasformando gli ebrei ashkenaziti in un "inganno millenario" orchestrato per scopi di dominio globale. Questa lettura consente di consolidare vecchi pregiudizi in un formato apparentemente scientifico e di adattarlo alle nuove esigenze di propaganda politica e sociale.

Il negazionismo, inteso come distorsione intenzionale della storia per scopi ideologici, è una costante delle teorie del complotto. La teoria cazara si inserisce in una più ampia strategia di delegittimazione dell'ebraismo e della sua storia, venendo spesso affiancata a tesi negazioniste sulla Shoah o a narrazioni che minimizzano l'importanza dell'antisemitismo nella storia occidentale.

Alcuni ambienti, soprattutto tra i sostenitori di una revisione estrema della storia contemporanea, hanno cercato di usare la teoria cazara per svuotare di significato la narrazione dell'Olocausto, insinuando che la persecuzione degli ebrei ashkenaziti non fosse una questione etnica o religiosa, ma una lotta di potere tra gruppi rivali. Questa strategia rientra in un più ampio tentativo di riscrivere il passato per adattarlo a una visione politica e ideologica distorta.

Mentre il vecchio antisemitismo si basava su stereotipi economici e religiosi, il nuovo antisemitismo si presenta sotto forme più subdole, sfruttando il linguaggio della critica politica e del revisionismo storico. La teoria cazara fornisce un pretesto per negare la legittimità storica dello Stato di Israele e per giustificare posizioni radicali che altrimenti sarebbero difficili da sostenere.

Movimenti anti-israeliani, in particolare quelli legati a frange estremiste, hanno adottato la teoria cazara per sostenere che gli ebrei non abbiano alcun diritto storico sulla terra di Israele, poiché non sarebbero i veri discendenti delle tribù di Israele. Questo tipo di argomentazione, sebbene basato su una falsità storica, trova un ampio seguito in alcuni ambienti accademici e mediatici, specialmente laddove l’ostilità verso Israele si intreccia con posizioni ideologiche più generali.

La lotta contro la disinformazione e il complottismo richiede uno sforzo collettivo da parte di storici, giornalisti, educatori e istituzioni culturali. Smontare il mito della teoria cazara non significa solo confutare una falsità storica, ma anche contrastare una delle tante forme con cui l'odio e la propaganda si diffondono nel mondo contemporaneo.

In un'epoca in cui le fake news viaggiano più velocemente delle verità documentate, è essenziale educare alla lettura critica delle fonti e promuovere la consapevolezza storica. La teoria cazara, come ogni teoria del complotto, prospera laddove il pensiero critico viene sostituito dall’emozione e dalla suggestione. Per contrastarla, occorre riaffermare il valore dell’indagine storica, della verifica delle fonti e del dibattito razionale.