Ma allora, perché in tanti parlano di una catastrofe imminente, di un vero e proprio tracollo dietro l’angolo? Come abbiamo visto, i dati degli ultimi anni sembrano brillanti: Pil in crescita, occupazione elevata, consumi risaliti e investimenti in fermento. Eppure, c’è un elemento di fondo che non torna, un gigantesco equivoco che rischia di far saltare la festa. Questo elemento chiave è il Superbonus edilizio e l’intera filiera di incentivi pubblici che hanno generato la recente crescita.
Il Pil, di per sé, è un indicatore utile ma talvolta ingannevole: ci dice che abbiamo prodotto e venduto di più, ma non sempre spiega come e perché. L’Italia è davvero cresciuta in modo sano e duraturo, oppure ha semplicemente acceso un motore straordinario, sostenuto da massicci trasferimenti statali, destinati a finire tra pochi anni? Per capirlo, dobbiamo guardare alla composizione della crescita.
Analizzando i dati Istat, appare evidente che tra il 2021 e il 2022 un settore in particolare ha fatto la parte del leone: l’edilizia. Costruzioni e servizi connessi, come architettura e ingegneria, hanno inciso per oltre un terzo sulla crescita complessiva. Senza questo boom edilizio drogato dai bonus, la nostra crescita sarebbe stata inferiore a quella delle altre economie europee.
La Germania, affossata dai rincari energetici, ha arrancato; la Francia ha rallentato, ma non è crollata. L’Italia, grazie al Superbonus e ad altre agevolazioni, ha pompato il settore edilizio oltre i suoi limiti naturali. L’impatto non si è fermato ai cantieri: anche l’occupazione, gli investimenti e la domanda interna si sono gonfiati su questa spinta artificiale. Dati Inps alla mano, buona parte dei nuovi posti di lavoro ha riguardato proprio l’edilizia e i settori collegati, come gli studi professionali e la produzione di attrezzature per il cantiere. Gli investimenti fissi lordi, un indicatore cruciale per capire lo stato di salute di un’economia, hanno registrato un’impennata in larga parte dovuta alle costruzioni.
Senza il Superbonus e i fondi del PNRR, sostenuti a loro volta dal Next Generation EU, tutto questo non sarebbe successo. O quantomeno, non con queste proporzioni. Da un lato, è innegabile che gli incentivi abbiano tenuto in piedi e rafforzato il sistema produttivo in anni difficili; dall’altro, però, si tratta di uno sforzo fatto indebitandoci. Cioè, spendendo più di quanto incassiamo. Questa strategia non può durare in eterno, e il governo attuale, come i successivi, avrà la responsabilità di trovare un punto di equilibrio.
Il Superbonus, ridotto nelle ultime versioni, dovrebbe esaurirsi entro il 2025. Il PNRR terminerà nel 2026.
Ecco il punto cruciale: cosa succederà quando la spinta dell’edilizia verrà a mancare? L’effetto dei bonus è per definizione temporaneo. Sono soldi pubblici iniettati per sostenere la domanda interna, nella speranza di rilanciare tutta l’economia. Ma se, esaurite queste risorse, i problemi strutturali del Paese resteranno immutati, l’Italia potrebbe piombare in una nuova stagione di crescita debole, anzi debolissima, tornando al clima che regnava prima del 2020.
Ricordiamo che, senza l’edilizia drogata dai sussidi, il Pil sarebbe aumentato di meno, e l’occupazione non avrebbe raggiunto vette così alte. È vero che il governo Meloni ha ridimensionato gli incentivi, ma a compensare ci sono ancora i progetti del PNRR, che spingeranno l’edilizia fino al 2026. Il problema è che questi fondi europei, anch’essi presi a debito, non sono eterni. Quando finiranno, e finiranno, dovremo fronteggiare la realtà: senza droghe esterne, l’economia italiana è in grado di correre sulle proprie gambe?
La risposta non è affatto scontata. Se ridurre gli incentivi significa ridimensionare l’edilizia, allora il Paese potrebbe assistere a uno shock notevole. Un’intera filiera, gonfiata dagli aiuti, rischia di sgonfiarsi rapidamente. La storia economica insegna che drogarne un settore può avere effetti temporanei positivi, ma se non si sfrutta questo periodo per risolvere i problemi di fondo, ci si ritrova al punto di partenza, ma con più debiti.
E qui entriamo nel cuore della questione: ci sono problemi strutturali che minano da decenni la nostra economia e che i bonus non hanno risolto. Anzi, rischiano di averli solo nascosti sotto il tappeto. Nel prossimo articolo li affronteremo uno a uno, scoprendo come, senza la spinta del settore edilizio e con il conto del debito sempre più salato, il castello di carte costruito negli ultimi anni possa crollare, portandoci dritti a quel temuto 2026, data simbolica indicata dai più pessimisti come l’inizio di un nuovo, pericoloso declino.