Movimento Pratobello24: Il silenzio è assenso alla condanna di Saccargia

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  Il TAR della Sardegna ha emesso ieri una sentenza che fa tremare i polsi: l'impianto eolico Ploaghe-Nulvi, prospiciente la Basilica di Saccargia, è stato autorizzato per il semplice effetto del silenzio-assenso. Un epilogo che svela il fallimento della Regione Sardegna, incapace di tutelare uno dei luoghi più iconici della nostra isola. La sentenza ha annullato il provvedimento regionale del 27 settembre 2024, dichiarando l'intervenuta formazione del silenzio-assenso sull’istanza presentata il 15 aprile. Con questo, la Regione ha di fatto spianato la strada a un progetto che pone a rischio non solo il paesaggio, ma l’eredità culturale che la Basilica di Saccargia rappresenta per tutti i sardi. Un gesto di inerzia che tradisce il mandato di difendere il territorio. 

  Non c'è stato alcun dibattito, nessuna risposta, nessuna presa di posizione chiara. E così, nel silenzio delle istituzioni, è arrivato l’assenso implicito: la Sardegna pagherà il prezzo di pale eoliche che deturperanno un paesaggio già fragile. La domanda è inevitabile: come si è potuti arrivare a tanto? Quale logica, se non quella della superficialità o dell'indifferenza, può giustificare un disastro del genere? I dubbi si amplificano se si guarda al passato professionale della presidente Alessandra Todde, già vice-ministro nel Governo Draghi, e dell’assessore Cani, un tempo attivo nel settore degli impianti eolici. Coincidenze, certo. 

  Ma il silenzio resta assordante. E intanto, mentre 211.000 firme per la Legge Pratobello24 chiedono a gran voce protezione per il territorio, la politica sarda si dimostra incapace di ascoltare. È tempo di scelte radicali. Dimissioni immediate per la presidente Todde e l’assessore Cani. Non ci sono alternative per chi ha permesso, con inerzia o consapevolezza, la svendita del nostro patrimonio. La Sardegna non è solo terra, mare e vento. È storia, identità, orgoglio. Lasciarla in balia di decisioni prese nel silenzio equivale a tradire ciò che siamo. E questo, semplicemente, non possiamo permetterlo.