La notizia arriva come un fulmine a ciel sereno, riportata da Reuters: Vladimir Putin sarebbe disposto a trattare un cessate il fuoco in Ucraina, a patto di sedersi al tavolo con Donald Trump. L’apertura del Cremlino, tuttavia, non implica alcuna resa sulle regioni occupate né tantomeno un abbandono delle richieste russe, che includono il veto alle ambizioni di Kiev di entrare nella NATO.
Secondo cinque fonti interne ed ex funzionari russi citati dall’agenzia di stampa, Mosca potrebbe accettare di congelare il conflitto lungo le attuali linee del fronte, ma le concessioni territoriali restano una chimera. Tre di queste fonti suggeriscono che ci potrebbe essere uno spiraglio per una trattativa sulle regioni di Donetsk, Luhansk, Zaporizhia e Kherson, parzialmente occupate dalla Russia. In pratica, una nuova fase di stallo geopolitico, con la guerra trasformata in una “pace armata” permanente.
Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha ribadito la disponibilità di Putin al dialogo, ma ha escluso categoricamente la possibilità di “congelare il conflitto”. Per Mosca, ogni negoziato deve servire a consolidare i propri obiettivi strategici, che rimangono immutati: il controllo delle regioni orientali dell’Ucraina e la ridefinizione degli equilibri geopolitici europei.
Trump e il “fattore forza” Che Trump possa diventare un mediatore credibile in un conflitto così complesso è tutto da vedere. L’ex presidente ha più volte affermato di poter porre fine alla guerra in Ucraina "entro 24 ore", sostenendo di essere “molto più forte” di Biden e dello stesso Putin. Una dichiarazione che, da un lato, rafforza l’idea di Trump come leader decisionista, dall’altro alimenta scetticismo su come intenda realmente affrontare una situazione intricata come quella ucraina. Non a caso, Zelensky ha recentemente messo in guardia contro un possibile taglio degli aiuti americani sotto una nuova amministrazione Trump, definendo una simile eventualità come un preludio alla sconfitta ucraina.
Biden, Putin e il terreno di scontro Il Cremlino, nel frattempo, non risparmia critiche all’amministrazione Biden, accusandola di “fare di tutto per prolungare la guerra”.
Il recente invio di mine antiuomo a Kiev è stato visto da Mosca come l’ennesima dimostrazione dell’impegno americano a sostenere l’Ucraina a oltranza, rendendo ancor più complicata qualsiasi ipotesi di dialogo.
L’intervento di Trump come potenziale interlocutore del Cremlino rischia, però, di stravolgere la narrazione. Per Mosca, l'ex presidente rappresenta una figura capace di rompere l’attuale immobilismo diplomatico, con una visione più pragmatica che potrebbe portare a compromessi impensabili con l’attuale leadership democratica.
E noi? L’apertura di Putin a Trump è, senza dubbio, una manovra politica ben calcolata. Mosca sa che l’opinione pubblica americana, stanca dei lunghi conflitti, potrebbe vedere in Trump una possibilità per chiudere il capitolo ucraino. Ma quale sarebbe il prezzo? Per l’Europa, una “pace” negoziata su basi così fragili potrebbe rivelarsi l’inizio di nuovi problemi, con un equilibrio instabile lungo i confini orientali.
Nel frattempo, l’Italia e l’Europa dovranno riflettere su come posizionarsi di fronte a una possibile svolta. Rimanere spettatori passivi di una trattativa che potrebbe ridefinire il futuro del nostro continente non è un’opzione. E mentre gli Stati Uniti decidono chi guiderà il Paese, Mosca sembra già muovere le sue pedine su uno scacchiere sempre più incerto.