Il dibattito si fa serrato in Consiglio Regionale, dove la maggioranza è impegnata in un vertice per tracciare la linea sul discusso disegno di legge sulle aree idonee per le energie rinnovabili. Questo ddl, che approderà domani in Aula, si prefigge di stabilire quali porzioni del territorio sardo possano accogliere impianti di energia rinnovabile come campi eolici e solari, nel tentativo di governare lo sviluppo energetico e preservare il paesaggio dell'isola. Ma non tutti sono convinti che questa sia la soluzione ideale per la Sardegna.
All’esterno del palazzo, intanto, si organizzano presidi e manifestazioni da parte dei comitati contrari, che denunciano un rischio concreto di "speculazione energetica" ad opera delle multinazionali. Gli stessi che, solo pochi giorni fa, avevano occupato la piazza con tende e striscioni, richiamando l'attenzione su quello che vedono come un attacco ai territori e alla bellezza naturale dell’isola. Questa è, infatti, una battaglia politica ma anche di sensibilità collettiva, e i toni non lasciano spazio a interpretazioni: la posta in gioco è altissima.
La corsa all’approvazione del ddl è influenzata da una scadenza precisa. La Corte Costituzionale, infatti, l’11 dicembre potrebbe pronunciarsi sulla legittimità della moratoria di 18 mesi attualmente in vigore per bloccare l’installazione indiscriminata di impianti. Se la moratoria dovesse cadere senza che sia in vigore una nuova legge, la Sardegna si ritroverebbe esposta alle decisioni di chi, dall’esterno, potrebbe gestire il territorio senza consultare le realtà locali. Da qui, la pressione per approvare rapidamente il ddl e dare così alla Regione gli strumenti per gestire la situazione.
Ma le divergenze emergono anche all'interno della stessa maggioranza, il cosiddetto "campo largo". Alcuni partiti ritengono che la legge sia eccessivamente limitativa, non permettendo alla Sardegna di raggiungere l’obiettivo di 6,2 gigawatt di produzione rinnovabile richiesti dal decreto nazionale.
Altri, invece, sostengono che la legge attuale non offra protezioni sufficienti e lasci troppo spazio alle deroghe comunali, con il rischio di esporre i sindaci a pressioni e intimidazioni. Una delle possibili soluzioni sarebbe spostare questa responsabilità alle Province, rendendo il processo più centralizzato e, almeno nelle intenzioni, più sicuro per gli amministratori locali.
Uno dei nodi più intricati riguarda l’eolico off-shore, con progetti già pianificati sia in Gallura che nel Cagliaritano. In molti vedono nell’installazione di pale eoliche in mare una soluzione per evitare di compromettere i territori interni, ma c’è anche il timore di creare un impatto visivo devastante lungo le coste, con strutture imponenti che rovinerebbero i panorami marini più preziosi della Sardegna.
La competenza su questo tipo di installazioni è esclusivamente dello Stato, ma la Regione punta a influenzare almeno le scelte riguardanti l’approdo dei cavi sulla terraferma, vincolandoli a "zone già compromesse" per evitare danni irreversibili a spiagge e litorali incontaminati.
A mettere ulteriormente benzina sul fuoco, ci sono le dichiarazioni del presidente della Regione, Alessandra Todde, che ha risposto alla trasmissione Report chiarendo che questi progetti non dovranno in alcun modo deturpare le spiagge o i luoghi simbolo della Sardegna. Tuttavia, il timore che la legge possa non essere sufficiente per garantire tali promesse è alto, e molti guardano con sospetto a questa accelerazione, domandandosi se davvero l’interesse pubblico stia venendo rispettato o se, ancora una volta, a vincere saranno i grandi capitali.
Davanti a questo scenario di tensioni e incertezze, la maggioranza ha quindi deciso di convocare un Consiglio comunale aperto, invitando anche i sindaci di Sassari e Sorso, per coinvolgere i cittadini e consentire loro di partecipare attivamente a un confronto su una decisione che potrebbe cambiare il volto dell’isola. L’obiettivo dichiarato è di fare chiarezza, ma anche di mostrare che i residenti della Sardegna hanno ancora una voce in capitolo sul futuro del proprio territorio.
In questa battaglia politica, di visioni contrapposte e di scadenze stringenti, rimane un grande punto interrogativo sul destino energetico della Sardegna e sul prezzo che si dovrà pagare per soddisfare le esigenze di decarbonizzazione.