San Francesco, Il ribelle della fede

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  San Francesco d'Assisi. Quello che il tempo e la Chiesa hanno trasformato in un’icona bonaria e universale, lui che bonario non era affatto. Francesco era un rivoluzionario, uno che ha girato le spalle al mondo nel modo più totale e irriverente possibile. E non lo ha fatto con l'aria del profeta compiaciuto, ma con la convinzione di chi sfida le regole e paga ogni giorno il prezzo delle sue scelte. Non è la solita storiella del ricco che si spoglia dei suoi beni, e neanche quella del mistico che parla con gli uccellini. No, Francesco era uno che, in un'epoca in cui il denaro e il potere ecclesiastico dominavano, decise di abbracciare una povertà radicale. 

  Non la povertà che si espone come una virtù da ostentare, ma quella che diventa un atto di accusa verso tutto e tutti. Era un uomo che non cercava né conforto né redenzione attraverso i privilegi, ma la verità. Una verità semplice, dura, spigolosa, come le pietre su cui camminava scalzo. Era contro il compromesso. Francesco ha fatto quello che nessuno si aspettava. Ha sfidato la Chiesa, ma non per creare un'altra Chiesa. Non per comandare, ma per servire. E il suo servire era un rifiuto: rifiuto del denaro, del potere, delle gerarchie. Viveva tra i lebbrosi, gli emarginati. Non come il buon samaritano che salva dall'alto della sua posizione, ma come uno di loro. Perché la sua scelta non era quella di salvare il mondo, ma di essere parte di un mondo diverso. Un mondo che la sua contemporaneità non voleva vedere. Francesco era anche un uomo di guerra, prima che un santo. Non dimentichiamolo. La sua vocazione nacque dal disgusto per le battaglie, per il sangue versato in nome di cause terrene. E così, invece di combattere con la spada, scelse di combattere con la povertà. Non fu mai un fanatico della non violenza, ma un uomo che comprese il valore della pace in un mondo dove tutto si risolveva con la violenza. 

  Non è il pacifista da cartolina che viene spesso dipinto. La sua era una pace che nasceva dalla rabbia per l’ingiustizia, dalla volontà di cambiare le cose alla radice. Ecco il punto: Francesco non era qui per piacere a qualcuno. Non cercava consensi, né applausi. Non gli interessava. La sua ribellione era silenziosa, implacabile, totale. Non si piegava alle logiche dei potenti, non chinava il capo di fronte alla mondanità ecclesiastica. La sua forza stava proprio in quel rifiuto, in quel silenzio che gridava più forte di mille discorsi. In tempi come i nostri, dove la parola "rivoluzione" è ormai priva di senso, San Francesco ci ricorda cosa significhi veramente opporsi al sistema. Non con la violenza, ma con il coraggio di dire "no" quando tutti dicono "sì". Un coraggio che va oltre l'apparenza, che nasce dal cuore di chi non ha paura di perdere tutto perché ha già rinunciato a tutto. Ecco perché, a distanza di secoli, Francesco resta un modello per chi ancora crede che cambiare il mondo sia possibile, anche partendo da una sola, radicale scelta. Non lo troverete tra i grandi condottieri, né tra i martiri che cercano gloria. Francesco è colui che ha vinto rifiutando la vittoria stessa. E forse, è proprio questo il più grande insegnamento che ci lascia.