Svastica a Decimomannu: un'analisi oltre la superficialità della censura

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  In Italia, il fenomeno della svastica disegnata su un campo da basket comunale a Decimomannu, scoperto poco prima del "Memorial Carmelo Canu" di pallacanestro in carrozzina, ha suscitato una reazione prevedibile ma forse non del tutto adeguata. 

  La sindaca Monica Cadeddu ha denunciato prontamente il fatto sui social, condannando fermamente il gesto e promettendo la rapida cancellazione del simbolo. "Come amministrazione siamo stati molto felici di ospitare questo evento, c'è stata anche grande partecipazione dei ragazzi del basket che hanno provato a cimentarsi in questa variante del loro sport preferito. Purtroppo però quando siamo arrivati al campo abbiamo trovato un'amara sorpresa: la cretinaggine di qualche idiota, per usare una parola educata, ha lasciato sulla pavimentazione una rappresentazione grafica di cattivo gusto," ha scritto Cadeddu. 

  Ha poi aggiunto: "Posto che vorrei capire se veramente è così colto da conoscerne il significato, sarei curiosa di conoscerlo personalmente così da dirgli cosa penso di lui. Provvederemo subito alla pulizia di questo scempio". Queste reazioni sono comprensibili, dato il peso storico e simbolico della svastica. Tuttavia, ci troviamo di fronte a un fenomeno che meriterebbe una riflessione più profonda.

  La semplice censura e condanna, senza una comprensione del contesto e delle motivazioni dietro tali atti, rischiano di essere superficiali e inefficaci. La svastica, originariamente un simbolo di pace e prosperità in diverse culture orientali, è stata irrimediabilmente contaminata dall'uso che ne ha fatto il regime nazista. Oggi, il disegno di una svastica in un contesto pubblico è visto come un gesto di odio e provocazione. Ma è sempre così? Capire le motivazioni dietro questi atti potrebbe aiutarci a prevenire il loro ripetersi. 

  Invece di reagire con indignazione e censura, dovremmo forse chiederci perché qualcuno senta il bisogno di disegnare una svastica su un campo da basket. Si tratta di ignoranza? Di una provocazione senza una reale comprensione del significato? O c'è un disagio più profondo che viene espresso attraverso questo simbolo? Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, l'Italia ha spesso scelto la strada della censura piuttosto che quella della comprensione. Dare del fascista o del nazista a qualcuno è diventato un modo semplice per chiudere un dibattito senza affrontare le vere questioni sottostanti. 

  Questo approccio dicotomico di giusto e sbagliato elimina qualsiasi possibilità di dialogo e di comprensione profonda dei fenomeni sociali. Paragonando la situazione a un piccione che defeca su una statua, ci rendiamo conto che la defecazione in sé è irrilevante. È più interessante capire perché i piccioni preferiscano una statua rispetto a un'altra. Allo stesso modo, invece di limitarci a cancellare svastiche, dovremmo capire perché vengono disegnate. La polarizzazione attuale, alimentata da un'incapacità di dialogare, rischia di condurci verso una guerra sociale evitabile. Ogni episodio di provocazione o di odio dovrebbe essere un'opportunità per comprendere meglio le tensioni che attraversano la nostra società. Solo attraverso l'analisi contestuale e il dialogo possiamo sperare di risolvere le vere cause dei conflitti. La svastica disegnata a Decimomannu è sicuramente un atto riprovevole. Ma la nostra risposta non dovrebbe fermarsi alla condanna e alla censura. Dobbiamo andare oltre, cercando di capire le radici del disagio che portano a tali gesti. Solo così potremo costruire una società più coesa e consapevole.