Schermi come catene: La gioventù sarda prigioniera del digitale

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  In Sardegna, una generazione di giovanissimi vive una realtà digitale che sembra soffocare ogni altra forma di esistenza. Il 71% di loro, età 6-17 anni, vive incollato ai propri dispositivi. Una cifra che, pur leggermente inferiore alla media nazionale, non lascia spazio a interpretazioni ottimistiche.

  Questa gioventù, invece di solcare le spiagge sabbiose o esplorare le montagne, si perde nei meandri di messaggerie istantanee, video online e social network. 

  L'aspetto più inquietante di questa realtà è la precocità con cui i bambini sardi vengono esposti a questi strumenti. Dai 2 ai 5 mesi, già davanti agli schermi, un segnale di una crescente dipendenza tecnologica che, come un incubo, incombe sui più piccoli. 

  Inoltre, il cyberbullismo, questo flagello moderno, colpisce senza distinzione, inghiottendo il 13,7% degli adolescenti in un vortice di crudeltà virtuale. E mentre si assiste a un declino culturale, dove le tradizioni lasciano il posto a un'esistenza virtuale sempre più predominante, emerge un chiaro monito.

  C'è un bisogno impellente di intervenire, di risvegliare questi giovani dall'ipnosi digitale e riconnetterli con la realtà, le loro radici, la loro cultura. La sfida è ardua: salvare una generazione dall'oblio digitale, insegnandole a navigare non solo nella rete, ma nelle profonde acque della vita reale e delle relazioni umane.