Dietro le quinte del potere: Amintore Fanfani, il grande ritorno del funambolo politico

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  Cari lettori, preparatevi: se pensavate di aver già sentito abbastanza su Amintore Fanfani, vi sbagliate di grosso. In effetti, "a volte ritornano" sembra essere una frase creata apposta per lui, perché Fanfani non solo è tornato, ma lo ha fatto spesso, facendosi largo in momenti di crisi, come un prestigiatore politico sempre pronto a tirare fuori un coniglio dal cilindro. Dopo averlo visto al suo debutto alla Presidenza del Consiglio nel 1954, rieccolo pronto a riprendersi la scena. E sapete cosa? Non sarà l'ultima volta. 

  Un ritorno con stile (e senza troppe spiegazioni), siamo nel 1958. L’Italia si sta lentamente riprendendo dalle prime difficoltà del dopoguerra, e chi meglio di Fanfani per dare una nuova spinta? Certo, Fanfani non era amato da tutti. La sua capacità di destreggiarsi tra le correnti della Democrazia Cristiana, un po' come un acrobata in bilico tra il centro e la sinistra del partito, gli aveva garantito sia ammirazione che inimicizie. C'era chi lo definiva troppo ambizioso, chi troppo autoritario, ma la realtà è che sapeva dove voleva andare e, soprattutto, come arrivarci. Con il suo secondo mandato, Fanfani non si limitò a essere un semplice burocrate: volle guidare l’Italia con una visione chiara, una direzione che spingeva verso il progresso economico e sociale. Ancora una volta, il “Piano Fanfani”, che avevamo già visto nel suo primo mandato, tornò a dettare l'agenda: edilizia popolare, nuove scuole, e modernizzazione del Paese. Ma stavolta Fanfani aveva qualcosa in più: il vento della rinascita economica a suo favore. Fanfani non si accontentava mai. Come disse qualcuno nei corridoi della politica dell'epoca, "Fanfani non governa, gestisce la vita pubblica come se fosse il suo progetto personale". In fondo, non era solo Presidente del Consiglio: era il custode di un'Italia che doveva rinnovarsi, trasformarsi in una potenza moderna. Eppure, non mancavano le critiche. C’è chi lo vedeva come troppo accentratore, uno che voleva fare tutto da solo. "Il Faraone", lo chiamavano i detrattori. 

  La verità? Fanfani aveva il dono dell’intraprendenza, e forse, in un Paese che non sempre brillava per tempestività decisionale, questa sua energia a volte finiva per sovrastare tutto il resto. Durante questo secondo mandato, Fanfani consolidò il suo ruolo sulla scena internazionale. Con la creazione della Comunità Economica Europea (CEE), il suo governo fece da trampolino per l’Italia nel panorama europeo. Si racconta che durante una cena diplomatica a Bruxelles, Fanfani abbia sorpreso i presenti parlando fluentemente francese, inglese e... tedesco! Un uomo che non amava farsi trovare impreparato, neppure a tavola. Il bello di Fanfani, però, è che ogni volta che sembrava destinato a sparire dalle luci della ribalta, riusciva sempre a rientrare in scena. Se vi sembra che la storia di Fanfani sia finita qui, vi sbagliate di nuovo. Questo è solo il secondo mandato, ma non sarà l’ultimo. Lo ritroveremo altre volte, con nuove responsabilità e, come sempre, con nuovi problemi da risolvere. Nel prossimo episodio, infatti, lo vedremo ancora. Prepariamoci a conoscere il Fanfani del terzo mandato, in un’Italia che sta cambiando e dove il nostro funambolo della politica avrà ancora molte carte da giocare… e chissà quanti altri conigli tirerà fuori dal cilindro!