L'Italia tra mito e realtà, capitolo 10: La nascita della Repubblica - Un nuovo inizio

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  Con la cacciata di Tarquinio il Superbo, Roma si trovò di fronte a un bivio. Il re era stato esiliato, la monarchia crollata, ma la domanda che tutti si ponevano era: e adesso? Senza un re, come si sarebbe governata Roma? La risposta, come spesso accade nelle situazioni disperate, fu tanto semplice quanto geniale: facciamolo insieme. Niente più potere concentrato in un’unica mano, ma distribuito tra più persone. Così, nacque la Repubblica, con due consoli a condividere il timone della città. I consoli erano una novità assoluta. Eletti annualmente, avevano il compito di governare Roma, ma con una condizione fondamentale: uno sorvegliava l’altro. Nessun re, nessun tiranno, solo due uomini che dovevano collaborare e, al contempo, vigilare l’uno sull’altro per evitare che il potere desse alla testa a qualcuno. Lucio Giunio Bruto e Tarquinio Collatino furono i primi a ricoprire questa carica.

  Ma la loro era una missione quasi impossibile: dovevano non solo governare, ma anche convincere tutti che la Repubblica funzionava. Bruto, che aveva giurato sulla tomba di Lucrezia che nessun re avrebbe mai più governato Roma, prese il suo compito sul serio, anche troppo. Fu lui, infatti, a suggerire che nessun Tarquinio, nemmeno Collatino, potesse restare a Roma. Troppo pericoloso. Così, Collatino, che pure aveva contribuito alla nascita della Repubblica, fu costretto a lasciare la città. Ma la Repubblica non era solo un affare di consoli. Con la fine della monarchia, Roma doveva affrontare non solo le insidie interne, ma anche le minacce esterne. I Tarquini, dal loro esilio, non si diedero per vinti. Anzi, cominciarono a tessere alleanze con le città vicine, cercando di riconquistare il trono. Roma, ancora fragile e inesperta, si trovò subito immersa in un conflitto che avrebbe deciso il suo futuro. Il primo grande test per la Repubblica arrivò con la battaglia del Lago Regillo. Non fu solo una battaglia, ma una vera e propria lotta per la sopravvivenza. Da una parte, le forze congiunte dei Tarquini e degli Etruschi, dall’altra, la giovane Repubblica Romana, decisa a non tornare indietro. Fu uno scontro epico, e se dobbiamo credere alla leggenda, furono addirittura gli dei a intervenire: i Dioscuri, Castore e Polluce, apparvero in battaglia per dare manforte ai romani, portando la vittoria. Ma le minacce esterne erano solo una parte del problema. All'interno, le cose non andavano meglio. La lotta tra patrizi e plebei, che covava sotto la cenere, cominciò a incendiare il panorama politico. 

  I patrizi, che avevano visto nella Repubblica un modo per consolidare il loro potere, si trovarono di fronte a una plebe che non aveva nessuna intenzione di rimanere a guardare. Fu in questo contesto che la Repubblica Romana cominciò a prendere forma. Non come un sistema rigido e immutabile, ma come un organismo capace di adattarsi e di evolvere. Le prime tensioni portarono alla creazione di nuove istituzioni, come il Tribuno della Plebe, una figura che avrebbe avuto il compito di difendere i diritti dei più deboli contro gli abusi del potere. Roma stava imparando che il potere non poteva essere concentrato, ma doveva essere bilanciato, distribuito, messo sotto controllo. La nascita della Repubblica fu quindi un processo complesso e pieno di sfide. 

  Non fu un atto unico, ma un continuo adattamento alle esigenze e alle crisi che la città doveva affrontare. Eppure, nonostante le difficoltà, Roma riuscì a gettare le basi di un sistema che avrebbe resistito per secoli, un sistema che, pur imperfetto, rappresentava un passo avanti rispetto alla monarchia. Con la Repubblica, Roma entrava in una nuova era. Un’era in cui il potere era distribuito, in cui la partecipazione e il controllo reciproco diventavano i pilastri del governo. Certo, i problemi non erano finiti, anzi, erano solo all'inizio. Ma con la Repubblica, Roma aveva fatto il primo passo verso quella che sarebbe diventata una delle più grandi civiltà della storia.