Il processo politico a Mulas: quando il dissenso diventa un problema

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  Ad Alghero si gioca una partita politica ben più importante di quanto si possa pensare. Non è una questione di poltrone o di ordini del giorno da approvare. È il tema del dissenso, della libertà di espressione e del confine, spesso labile, tra lealtà e pensiero indipendente. 

  Al centro di tutto c’è Christian Mulas, capogruppo di Orizzonte Comune, sotto processo politico per le sue posizioni nette e per quella “trasparenza” che, a quanto pare, non tutti digeriscono. 

  Nei giorni scorsi, il Consiglio comunale è stato preceduto da un incontro urgente di capigruppo. Un solo punto all’ordine del giorno: decidere l’allontanamento di Mulas dalla maggioranza. Ma perché? Per aver espresso opinioni divergenti? Per aver difeso posizioni non allineate al resto della coalizione? È una domanda che va oltre il singolo caso e tocca il cuore del dibattito democratico. La questione, infatti, solleva un problema più ampio. 

  Se in un’alleanza “larga” non c’è spazio per chi dissente, che senso ha definirla tale? La democrazia non è fatta per garantire uniformità, ma per gestire le differenze. Eppure, alcuni partiti della maggioranza sembrano volere il contrario. Il campo largo rischia di diventare un campo chiuso, dove chi “batte i piedi” e non si allinea viene isolato o allontanato. 

  Paradossalmente, più la coalizione si dichiara inclusiva, meno sembra tollerare voci fuori dal coro. La linea dura contro Mulas vede protagonisti Partito Democratico, Noi RiformiAmo Alghero e Movimento 5 Stelle. Ma non tutti i consiglieri sono d’accordo. E questo è un segnale importante.

  Perché la politica non può permettersi di ridurre le scelte a un automatismo: dissenti, quindi esci. Serve un ragionamento più ampio, una riflessione su cosa significhi davvero far parte di una coalizione. È una questione di numeri o di obiettivi condivisi? Mulas, dal canto suo, va avanti senza arretrare: “L’impegno politico che porto avanti nasce dalla mia vicinanza alla gente”. Parole chiare, che suonano come una sfida, ma che soprattutto indicano un punto fermo: la politica dovrebbe partire dal basso, dall’ascolto, e non solo e soltanto dalla gestione di equilibri interni. E forse è proprio questo il problema. La sua trasparenza e la sua autonomia sono viste come un pericolo da chi preferirebbe un gioco più prevedibile, più controllabile.

  La domanda finale è semplice: una maggioranza che non riesce a contenere il dissenso non è più un campo largo? E, soprattutto, cosa guadagna davvero dall’allontanamento di un consigliere che, fino a ieri, ne faceva parte? La politica, se vuole essere credibile, deve essere in grado di gestire le sue fratture, non di nasconderle o eliminarle sottotraccia. L’epilogo del “processo Mulas” non è scontato. Ma il significato di quanto sta accadendo è già chiaro: chi dissente non è più un avversario politico. È un problema da risolvere. E questo, per una democrazia locale o nazionale, è il vero segnale di pericolo.