La Regione Sardegna ha deciso di rompere gli indugi e portare lo Stato davanti ai giudici. La Giunta ha presentato un ricorso al tribunale civile di Cagliari contro il Ministero dell’Economia e delle Finanze e la Presidenza del Consiglio, chiedendo il pagamento di 1,7 miliardi di euro di tributi erariali non versati dal 2010.
Una cifra che, secondo il vicepresidente e assessore al Bilancio Giuseppe Meloni, rappresenta il frutto di “decurtazioni illegittime” che hanno prosciugato le casse regionali.
Non è la prima volta che la Sardegna alza la voce, ma stavolta le intenzioni sono chiare: non accettare più promesse e compromessi. “Lo Stato riconosce il debito, ma la proposta avanzata è irricevibile. Hanno offerto 800 milioni da pagare in dieci anni, meno della metà del dovuto. Noi abbiamo chiesto almeno 1,3 miliardi, ma non è bastato. Per questo siamo stati costretti a rivolgerci al tribunale,” ha spiegato Meloni davanti alla commissione regionale.
La storia di questo debito è lunga e avvelenata. Per anni le decurtazioni si sono mantenute sotto i 100 milioni, poi è esploso il prelievo: 146 milioni nel 2021, 256 nel 2022, 454 nel 2023, 385 nel 2024. “Risorse vitali – ha sottolineato Meloni – senza le quali è difficile chiudere una manovra finanziaria.” Ma il problema non è solo economico. “Rileviamo una disparità di trattamento rispetto ad altre regioni. Nessun’altra ha subito decurtazioni così pesanti.”
La Sardegna non si accontenta delle briciole. Forte dello Statuto speciale, che garantisce quote fisse sui tributi erariali, la Regione chiede ai giudici di fare chiarezza e di stabilire una volta per tutte i propri diritti. E se lo Stato ha cercato di chiudere la partita con una stretta di mano, Cagliari ha risposto con una querela. Forse, stavolta, non sarà così facile ignorarla.
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