Negli ultimi giorni, il progetto per l'installazione di campi boe nell'Area Marina Protetta di Capo Caccia – Isola Piana è al centro di un acceso dibattito. La Regione Sardegna ha emesso una Valutazione di Incidenza Ambientale (V.Inc.A.) che ha portato a un significativo ridimensionamento del progetto originario.
Questa decisione ha suscitato reazioni contrastanti tra le diverse figure politiche locali, evidenziando tensioni e cambiamenti di posizione che meritano un'analisi approfondita.
Il progetto iniziale prevedeva l'installazione di 125 boe distribuite in cinque zone: Le Ninfe, Porto Conte, Olandese, Rosso e Lazzaretto, con alcune boe destinate a mega yacht fino a 100 metri di lunghezza. Tuttavia, a seguito delle preoccupazioni espresse da associazioni ambientaliste e cittadini sull'impatto ecologico e l'aumento del traffico nautico, la Regione ha ridotto il numero totale di boe a 63. Sono state eliminate le boe situate a meno di 100 metri dalle falesie, i sei ormeggi per navi da diporto e ridotte a cinque le boe nella Baia delle Ninfe, portando il totale delle boe nell'Area Marina Protetta da 80 a 18.
L'onorevole Valdo Di Nolfo, unico consigliere regionale di Alghero, ha accolto positivamente il ridimensionamento, sottolineando l'importanza di proteggere l'Area Marina Protetta. Giampietro Moro, capogruppo di Città Viva, ha lodato il Consiglio di Amministrazione del Parco di Porto Conte per aver ottenuto la revisione del progetto.
Tuttavia, Adriano Grossi, ex membro del Consiglio di Amministrazione del Parco, ha espresso forti critiche riguardo al cambiamento di posizione di alcuni esponenti politici. In un intervento pubblico, Grossi ha affermato:
"È bastata la riduzione delle boe per far cambiare idea a chi prima osteggiava il progetto. E pensare che da oltre un anno e mezzo se ne parla; nessuno, dico nessuno, neanche durante l'assemblea del Parco ha aperto bocca! La verità è che si cambia colore politico e si cambia anche il modo di pensare."
Grossi ha sottolineato che il progetto è stato regolarmente approvato dalla Regione Sardegna, con le prescrizioni tipiche di qualsiasi disciplinare tecnico allegato ai contratti d'appalto. Non c'è stato alcuno stop ai lavori, contrariamente a quanto sostenuto da alcuni. Ha poi aggiunto:
"Dovrebbero spiegare ai cittadini algheresi come mai coloro che fino a ieri osteggiavano la realizzazione di questo campo boe oggi si ritengono ampiamente soddisfatti."
La critica di Grossi mette in luce un possibile opportunismo politico.
Il cambio di posizione da parte di alcuni esponenti potrebbe essere interpretato come un adeguamento alle nuove dinamiche politiche locali, piuttosto che una reale preoccupazione per l'ambiente. L'accusa è che il ridimensionamento del progetto sia stato utilizzato come pretesto per giustificare un cambiamento di opinione, senza affrontare le questioni di fondo legate alla gestione sostenibile dell'area.
Dall'altra parte, figure come Di Nolfo e Moro sostengono che il ridimensionamento sia una vittoria per la tutela ambientale, evidenziando l'importanza di preservare un ecosistema fragile e di alto valore naturalistico.
La Regione Sardegna ha imposto specifiche prescrizioni al progetto, tra cui:
Monitoraggio delle praterie di posidonia prima dell'inizio dei lavori e al termine delle stagioni di esercizio.
Rimozione delle catenarie e delle boe alla fine della stagione estiva.
Predisposizione di una relazione sulle modalità di gestione e di un piano di manutenzione prima dell'esecuzione dei lavori.
Queste misure mirano a mitigare l'impatto ambientale e garantire una gestione sostenibile delle attività nautiche nell'area protetta.
Il caso dei campi boe a Capo Caccia evidenzia le complessità nella gestione del territorio, dove interessi economici, ambientali e politici si intrecciano. Le accuse di Grossi sollevano interrogativi sulla coerenza delle posizioni politiche e sulla reale volontà di perseguire il bene comune al di là delle appartenenze partitiche.
È fondamentale che le decisioni riguardanti aree di così alto valore naturalistico siano prese in maniera trasparente e partecipata, coinvolgendo tutte le parti interessate: enti locali, comunità, associazioni ambientaliste e operatori economici. Solo attraverso un dialogo aperto e sincero si potrà trovare un equilibrio tra sviluppo turistico e tutela dell'ambiente, garantendo alle future generazioni la fruizione di un patrimonio naturale integro e valorizzato.