In Italia, si sa, la lentezza della burocrazia è un’arte tanto quanto il melodramma. E così accade che la Corte Costituzionale si prepari a discutere, con tutta la solennità del caso, un ricorso contro una legge che non esiste più. Proprio così: il prossimo 14 gennaio, i giudici si riuniranno per dibattere sulla legittimità della legge regionale n. 5 del 2024, quella famosa moratoria di 18 mesi sugli impianti di energia rinnovabile in Sardegna. Peccato che quella legge sia già stata abrogata grazie alla nuova normativa sulle "aree idonee", approvata in tutta fretta dal Consiglio regionale e pubblicata sul Bollettino ufficiale.
Uno spettacolo che sembra tratto da un’opera buffa, dove si combatte con ardore una battaglia già conclusa, quasi per diletto o per abitudine.
Perché in questo Paese, più che al futuro, si guarda sempre al passato, con una litigiosità che non si ferma nemmeno davanti all’evidenza. I giudici della Consulta, invece di prendere atto che la materia del contendere è evaporata, si incamminano con passo deciso verso la discussione. Tanto, che fretta c’è?
Ma facciamo un passo indietro, per capirci. La legge n. 5, varata dalla Regione Sardegna, aveva imposto uno stop agli impianti di energia rinnovabile per ben 18 mesi, scatenando l’ira del Governo, che l’aveva subito impugnata. Poi, tra carte bollate e ricorsi, il Consiglio regionale ha deciso di risolvere la questione abrogando la norma e varando quella sulle "aree idonee". Problema risolto? Macché. La macchina burocratica, lenta e inesorabile, non si ferma mai.
E così il 14 gennaio ci sarà l’udienza pubblica dopo il rinvio di dicembre. Forse per dare un senso al tempo sprecato o per non scontentare chi ama dibattere per sport.
Intanto, la vera questione – quella delle rinnovabili, del loro impatto e delle aree idonee – rimane in sospeso, prigioniera di un sistema che si compiace più delle procedure che dei risultati. L’Italia è un Paese che sa guardare al futuro, peccato che lo faccia con gli occhi fissi nello specchietto retrovisore. Ma almeno, tra una battaglia sul nulla e l’altra, non ci annoiamo mai.