La Sardegna si accende di tensioni e polemiche dopo l'avvio della fase di scoping per la Valutazione Ambientale Strategica (VAS) del progetto per il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. Tra i 51 siti indicati dalla Carta nazionale delle aree idonee (CNAI) spiccano otto aree sarde, distribuite tra i territori dell'Oristanese e del Sud Sardegna, tra cui Mandas, Nurri, Albagiara, Assolo, e altri piccoli centri che si trovano ora al centro di una battaglia istituzionale e sociale.
Il sindaco di Mandas, Umberto Oppus, ha dato il via alle ostilità istituzionali scrivendo al presidente del Consiglio Regionale, Piero Comandini, e a tutti i capigruppo. "Serve un incontro urgente con i primi cittadini dei comuni coinvolti per una presa di posizione unitaria contro questa proposta", ha dichiarato Oppus, ribadendo l'opposizione già espressa all'unanimità dal Consiglio comunale.
La richiesta è chiara: "Lo stralcio immediato delle aree sarde dal rapporto preliminare".
Non meno determinato il sindaco di Nurri, che dai social tuona contro il progetto: "Noi continueremo a dire no al deposito delle scorie radioattive, in tutte le forme e in tutti i modi. È l’ennesimo regalo di fine anno che non vogliamo né accettiamo". Un messaggio che riecheggia il malcontento diffuso tra i cittadini e i primi cittadini, convinti che la Sardegna non debba farsi carico di un problema di portata nazionale.
La partita è complessa e va oltre l’opposizione locale. Sullo sfondo, la percezione diffusa di un’Isola spesso relegata al ruolo di territorio sacrificabile per decisioni calate dall’alto. La procedura avviata dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, pur inserita in un quadro nazionale di gestione dei rifiuti radioattivi, incontra in Sardegna un muro trasversale di resistenza, fatto di motivazioni ambientali, sociali ed economiche. L’impatto del progetto, secondo i sindaci, rischia di mettere in discussione l’identità e il futuro di territori già segnati dalla fragilità economica.
Intanto, a Cagliari, un'altra protesta accende il dibattito: circa duecento manifestanti, soprattutto giovani e studenti del Sulcis, hanno sfilato davanti all'assessorato regionale della Sanità per denunciare lo smantellamento dei servizi sanitari.
Cartelli e striscioni parlano chiaro: "La Sanità non c’è", "Il Sulcis chiede rispetto", e un messaggio rivolto direttamente al governo centrale: "Non possiamo accettare tagli che distruggono il nostro futuro".
La voce della protesta si leva forte e chiara anche nelle parole di Ivano Sais, portavoce della marcia: "La sanità non è un privilegio, ma un diritto. Stanno tagliando tutto: strutture, medici, infermieri, persino i servizi di base. Non possiamo andare avanti così". Sais, che undici anni fa guidava il Comitato dei figli della crisi, sottolinea come il tempo sembri essersi fermato per il Sulcis: "Nulla è cambiato, anzi, sembra peggiorato".
Le richieste al governo regionale e nazionale sono nette: tutelare la sanità, rilanciare il lavoro e l’istruzione, e soprattutto restituire dignità e prospettive ai territori marginalizzati dell’Isola. Sullo sfondo di queste due battaglie parallele, una Sardegna sempre più stanca di essere il fanalino di coda nelle priorità nazionali.