Oristano: traffico illecito di rifiuti mascherato da beneficenza, condanna a due anni per F.M.

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  Dietro il paravento di un’attività di volontariato con dichiarate finalità di beneficenza si nascondeva un traffico illecito di rifiuti. Abiti usati, raccolti porta a porta nei comuni della provincia di Oristano, soprattutto nel territorio del Terralbese, venivano destinati non ai bisognosi, come dichiarato, ma al mercato del riciclo a fini di lucro. Una realtà portata alla luce grazie all'attenta attività investigativa del NIPAF (Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale e Forestale). Il processo, che si è concluso il 7 novembre presso il Tribunale di Oristano, ha visto la condanna di F.M., ritenuta responsabile del reato, mentre lo zio A.M. è stato assolto in quanto estraneo alla vicenda. 

  Il Giudice Monocratico, Dott.ssa Serena Corrias, ha inflitto a F.M. una pena di due anni di reclusione, il pagamento delle spese processuali, e la confisca del profitto del reato, quantificato in 259.133,23 euro. In assenza di liquidità, i beni di pari valore saranno confiscati. Le indagini hanno rivelato come attraverso la onlus "Patria sarda terra e populu" fosse stata avviata una raccolta di abiti dichiarata a scopo benefico. Tuttavia, gli investigatori hanno scoperto che gli indumenti venivano venduti, anziché distribuiti ai più bisognosi. Monitorando per settimane i movimenti dei tir tramite sofisticati dispositivi GPS, è emerso un traffico sistematico: gli abiti raccolti venivano caricati su camion di due società di trasporto locali e trasferiti dal porto di Cagliari a quello di Napoli. 

  A Napoli, ogni carico veniva rivenduto per 3000 euro a una ditta di Ercolano, poi risultata coinvolta in un’inchiesta per traffico di droga e riciclaggio di denaro sporco. Il deposito dei rifiuti è stato sequestrato dalla Polizia Metropolitana di Napoli, e l’indagine è passata sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Cagliari. Questo caso, oltre a portare alla luce una grave violazione della legge, rappresenta un monito per chi si cela dietro presunti atti di beneficenza per scopi illeciti, sfruttando la fiducia della comunità e il bisogno delle persone più vulnerabili.