La "pista sarda" del Mostro di Firenze: riesumati i resti di Francesco Vinci

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  Stamattina nel cimitero di Montelupo Fiorentino si è svolta un'operazione attesa da anni: la riesumazione dei resti di Francesco Vinci, l'uomo che, negli anni 80', fu al centro delle indagini sul "Mostro di Firenze". Vinci, originario di Villacidro, era stato arrestato nel 1982 con l'accusa di essere l'autore dei famigerati omicidi, ma poi era stato scagionato e rimesso in libertà. A chiedere la riesumazione sono stati la vedova, Vitalia Velis, e i figli, che da tempo dubitano che quel corpo ritrovato incaprettato e carbonizzato in un'auto nel 1993 sia davvero quello di Vinci. Vogliono che il DNA faccia chiarezza, e intendono scoprire se il loro congiunto possa essere ancora vivo. È un'iniziativa privata, ma la Procura di Firenze ha deciso di dare corso alla loro richiesta. 

  La storia di Francesco Vinci è intricata. Al tempo delle indagini sul Mostro, era al centro della cosiddetta “pista sarda” a causa della sua relazione con Barbara Locci, uccisa nel 1968 a Castelletti di Signa insieme al suo amante siciliano, Antonio Lo Bianco. Una Beretta calibro 22, usata in quell'omicidio, è la stessa arma che avrebbe caratterizzato altri delitti attribuiti al Mostro. Vinci fu indicato come colpevole da Stefano Mele, marito di Locci, e finì al centro delle indagini come presunto responsabile, anche per altri quattro omicidi successivi. Eppure, nel 1983, due ragazzi tedeschi vennero uccisi mentre Vinci era in carcere, fatto che portò alla sua scarcerazione. Dieci anni più tardi, un nuovo mistero: il suo corpo venne ritrovato carbonizzato, assieme a quello di Angelo Vargiu, suo amico e servo pastore, in un'auto nelle campagne pisane. Ora la famiglia di Vinci vuole chiudere questa vicenda, chiedendo la verifica del DNA. Il medico legale e il genetista sono già al lavoro. Forse, finalmente, si farà luce su una delle vicende più oscure della storia criminale italiana.