Olbia: Quando la follia diventa quotidiana

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  C'è qualcosa di perversamente normale, in questo episodio. Sì, perverso, perché ci stiamo abituando a tollerare l'intollerabile, a girare la testa dall'altra parte mentre la violenza ci travolge, come se fosse la pioggia che bagna la terra.

  Eppure, questa mattina a Olbia, non si è trattato di una pioggia leggera, ma di una tempesta di follia. Immaginate la scena: un uomo nudo, in una nudità che non ha nulla di naturale ma che trasuda degrado, sporco. Corre per le strade di una città come tante, coltello in mano, inseguendo un gruppo di ragazze, giovani, innocenti.

  E perché? Perché il mondo gli ha dato il permesso, perché non c’è più alcuna linea rossa che non possa essere superata. Una società che ha perso il senso del limite, della decenza. Quell’uomo non era sconosciuto. Oh no, lo sapevano, lo conoscevano bene. Ma cosa fanno le autorità? Scrivono rapporti, compilano scartoffie, attendono il prossimo disastro.

  E così, mentre lui minacciava, lanciava pietre, cercava di bruciare la città – perché alla fine è di questo che si tratta, di bruciare tutto ciò che ancora funziona, ciò che ancora rappresenta ordine e sicurezza – noi stiamo qui a discutere, a chiedere: "Perché? Come è potuto accadere?" E quando finalmente arriva la polizia, quando i vigili del fuoco cercano di riportare la normalità in un mare di follia, ci rendiamo conto che non è l'uomo ad essere impazzito. 

  No, è il sistema che lo ha fatto impazzire, è la nostra incapacità di vedere, di agire. È la nostra indifferenza che lo ha armato. Questa non è solo cronaca nera. È un ritratto di ciò che siamo diventati. Di come accettiamo la violenza, la banalità del male, come una parte della nostra vita quotidiana. Ed è questo che mi terrorizza più di tutto. Perché in fondo, non è lui il vero mostro. Il vero mostro siamo noi, la nostra società che lo ha creato e che continua a creare uomini come lui.