Nella calura estiva, mentre il sole della Sardegna brucia le terre e le anime, a Santa Giusta si è consumata l'ennesima tragedia della quotidianità. Un litigio al bar, apparentemente banale, si è trasformato in un dramma dal sapore amaro. Qui non parliamo di grandi ideali o di faide ataviche, ma di un fatto nudo e crudo: un uomo di 43 anni ha preso un fucile e, con la freddezza di chi ha perso la ragione (se mai l'ha avuta), ha tolto la vita a un amico.
Quante volte abbiamo sentito storie simili? Quante volte ci siamo chiesti come sia possibile che un attimo di rabbia, di follia o di pura e semplice stupidità, possa trasformarsi in una tragedia irreparabile? La risposta, purtroppo, è sempre la stessa: troppo spesso. E mentre la comunità si stringe attorno al dolore, resta quel sapore di vuoto e di domande senza risposta.
Il dramma non è solo nella morte, ma in ciò che la precede: l'incapacità di fermarsi, di riflettere, di lasciar scivolare via quella rabbia futile. E così, la vita in un piccolo paese come Santa Giusta continua, ma con una ferita in più, di quelle che non si rimarginano facilmente. L’uomo è capace di grandi cose, ma anche di miserie infinite. E questa storia, in fondo, non fa che ricordarcelo.