Perdasdefogu si ritrova al centro di un episodio di violenza che scuote l'opinione pubblica locale. Un ragazzo di 14 anni è stato brutalmente aggredito da tre coetanei. L'episodio, più simile a una scena di un film sulla delinquenza giovanile che alla realtà di una comunità sarda, ha lasciato la vittima con ferite tali da richiedere sette giorni di cure.
Il fatto si consuma in un contesto di apparente normalità: un incontro tra adolescenti per discutere di voci di corridoio si trasforma in aggressione. Il ragazzo, preavvisato del potenziale pericolo da un istinto forse troppo sottovalutato, cerca conforto e consiglio nel padre, temporaneamente assente. Seguendo il suggerimento paterno, decide di incontrare i suoi interlocutori, una decisione che si rivelerà fatale.
Senza preamboli, uno degli aggressori attacca, colpendo la vittima al volto con una serie di pugni, trasformando un pomeriggio qualsiasi in un incubo.
Gli altri, complici silenti, osservano prima di fuggire con l'aggressore, lasciando il ragazzino solo, ferito e impaurito, a fare i conti con la realtà di una violenza insensata.
La reazione della comunità di Perdasdefogu e l'intervento dei carabinieri, ora al lavoro per fare luce sull'accaduto, pongono interrogativi urgenti sulla natura della violenza giovanile e sulle responsabilità collettive nel prevenirla e contrastarla. Mentre il ragazzo lotta con le conseguenze fisiche e psicologiche dell'aggressione, la storia invita a una riflessione più ampia sui valori trasmessi alle nuove generazioni e sulle misure necessarie per garantire la loro sicurezza e il loro corretto sviluppo.
In questo scenario, l'episodio di Perdasdefogu non è solo un fatto di cronaca, ma un monito a non sottovalutare le dinamiche sociali e culturali che possono portare a simili espressioni di violenza tra i giovani, un appello a rafforzare il tessuto connettivo della comunità per prevenire che altri giovani si trovino a vivere simili esperienze.