Oggi è Carbonara Day: Un piatto nato negli anni 90 nella sua versione attuale

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  Oggi è Carbonara Day: ecco perché si festeggia il 6 aprile. È uno dei piatti della cucina nostrana più conosciuti nel mondo, tra i più revisionati e ricercati sul web. Il 6 aprile è ‘Carbonara Day‘, il giorno dedicato alla pasta alla Carbonara. L’iniziativa è stata ideata nel 2017 dall’I.p.o. (International Pasta Organization) e da AIDEPI (Associazione delle industrie del dolce e della pasta) per celebrare l’iconica ricetta italiana. Ma perché una giornata dedicata alla pasta alla Carbonara? L’idea è nata in seguito al famigerato ‘Carbonara Gate‘, quando il canale YouTube francese Demotivateur pubblicò il il 6 aprile 2016 una versione alternativa della ricetta originale. Troppo alternativa. Secondo quel video tutorial, per cucinare una buona carbonara bisogna mettere in un’unica padella una cipolla a pezzi, pancetta a tocchetti e farfalle Barilla, per poi cuocere il tutto con l’acqua. Al termine della cottura, si condisce il ‘pappone’ con crema, pepe, parmigiano, erba cipollina e spezie varie. E per finire, il colpo di grazia: un uovo crudo sopra prima di servire in tavola. 

  La ricetta fece il giro del mondo e sollevò un clamore mediatico tale che Barilla, chiamata in causa nel video, si dissociò da quanto mostrato nelle immagini, affermando sulla propria pagina Facebook di essere “aperti a ogni variazione della carbonara, ma questa va decisamente oltre… désolé”. Anche i media francesi arrivarono a ‘scusarsi’ con l’Italia (per Slate.fr, il Carbonara Gate ha rischiato di “spezzare l’amicizia franco-italiana”). Il video tutorial fu rimosso poco dopo da YouTube. In risposta, l’anno seguente fu lanciato il Carbonara Day, che ogni 6 aprile celebra la vera pasta alla Carbonara italiana. Ma quali sono le origini della pasta alla carbonara? Secondo Angelo Forgione, scrittore e giornalista le sue origini sono incerte. Il nome viene citato per la prima volta nel 1949 nel film Yvonne la Nuit, in cui Totò interpreta il suo primo ruolo drammatico. Nel corso della pellicola, in una trattoria di Trastevere, un cameriere comanda «coda alla vaccinara per due e spaghetti alla carbonara per tre». La prima ricetta, invece, nel 1952, non in Italia ma negli Stati Uniti, sulla guida illustrata dei ristoranti di un distretto di Chicago scritta da Patricia Brontè dal titolo Vittles and vice: An extraordinary guide to what’s cooking on Chicago’s Near North Side” Il libro descrive diversi locali tra i quali anche il ristorante “Armando’s” in cui si serve la carbonara. I proprietari, Pietro Lencioni e Armando Lorenzini, sono di origine italiana e dettano la ricetta lasciando anche qualche termine italiano.

  Gli ingredienti sono quelli che domineranno la preparazione per diversi anni: taglierini all’uovo, uova, pancetta e Parmigiano. La prima ricetta pubblicata in Italia risale all’agosto del 1954, sulla rivista La Cucina italiana. Tra gli ingredienti sono elencati la pancetta, il Gruviera e l’aglio, oltre alle solite uova e al pepe, e si indica di cuocere gli spaghetti e poi di ripassare tutto in padella fino a che “le uova si saranno un poco rapprese”. La definizione della ricetta contemporanea, ormai classica, anche se classica non è mai stata, si concretizza solo negli anni ‘90, quando nessuno la considera una ricetta romana. Livio Jannattoni, un’autorità in materia culinaria, nel suo ricettario La cucina romana e del Lazio del 1991, propone un capitolo di piatti adottati dalla cucina romana il cui titolo non lascia spazio ai fraintendimenti: Spaghetti alla carbonara e altre pastasciutte quasi-romane. Vi inserisce i piatti che “hanno quasi maturato un diritto provvisorio di cittadinanza romano-laziale”. Acquisito lentamente alla cucina romana, il piatto sostituisce il Parmigiano con il locale Pecorino. Velocemente, guadagna un posto tra i più tipici d’Italia senza avere origini certe, e diviene nel tempo oggetto di discussione sulla sua incertissima genesi. Oggi, la tradizione popolare attribuisce la ricetta alla presenza dei soldati “alleati” angloamericani in Italia, a Roma o forse a Napoli, durante gli ultimi mesi del secondo conflitto mondiale, con le loro “razioni k” fatte di uovo liofilizzato e bacon, sposate alla pasta italiana e al formaggio. Certamente la carbonara ha come suo antesignano un piatto descritto nel trattato ottocentesco di cucina napoletana Il principe dei cuochi di Francesco Palma. La ricetta, pubblicata nel 1881, è quella dei Maccheroni con cacio ed uova, che indica il condimento della pasta con un mix di uova, formaggio Parmigiano (come da prime ricette del dopoguerra), strutto, sale e pepe, da rapprendere sul fornello con un po’ d’acqua di cottura. Manca il guanciale, o comunque la pancetta delle preparazioni spuntate a metà Novecento, ingrediente suino non tipicamente napoletano ma piuttosto dell’area appenninica abruzzese. Non manca però il grasso animale a dare sapore, lo strutto, che oggi non si usa più ed è surrogato da quello che si ottiene per colatura a caldo del guanciale. Che sia stato proprio un’aggiunta abruzzese, o comunque appenninica, a completare la ricetta sul retaggio della gricia (guanciale, strutto, formaggio Pecorino amatriciano e pepe)? Non è da escludere, visto che il piatto diventa romano come l’Amatriciana, nata sui monti abruzzesi della Laga aggiungendo alla stessa gricia il pomodoro e la pasta ricevuta da Napoli, del cui regno facevano parte gli amatriciani in tempi preunitari. Questi (abruzzesi fino al 1927, per poi essere assegnati alla nascente provincia laziale di Rieti) si stabilirono a Roma nel secondo Ottocento per vendere i prodotti della loro terra colpita dalla crisi della pastorizia. Dunque, non è poi così peregrino ipotizzare che la carbonara possa essere nata da una traiettoria culinaria che va da Napoli a Roma, con l’appennino laziale-abruzzese a fare da sponda. Evoluta fino alla versione contemporanea, quella con uova, pepe, Pecorino e guanciale che a cambiarla si commettere sacrilegio. Neanche fosse una ricetta plurisecolare.