La sciagura aerea sui monti di Capoterra: Il mistero infranto del volo ATI

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  In una notte di settembre, quando il 1979 iniziava a cedere il passo all'autunno, un Douglas della compagnia aerea ATI si staccò con le sue promesse e i suoi segreti dall'aeroporto di Alghero/Fertilia, puntando verso Cagliari Elmas. Era la notte tra il 13 e il 14, un momento in cui il mondo sembra sospendere il respiro. Ma a quel respiro non seguì mai un sospiro di sollievo. Alle 00:47, il velivolo scomparve dai radar, come inghiottito da un abisso invisibile e, nel buio, trovò la sua tomba contro un crostone roccioso a 600 metri sul livello del mare. Non ci furono miracoli quella notte. Tutti i 27 passeggeri, insieme ai 4 membri dell'equipaggio, 31 anime in tutto, persero la vita in un istante. 

  Quando gli investigatori recuperarono la scatola nera, scoprirono una verità tanto banale quanto tragica: gli errori umani non concedono tempo per ravvedimenti. Il comandante Pennacchio, poco prima del disastro, chiese di abbassare il carrello. Un comando quotidiano in una notte che non aveva nulla di ordinario. La montagna che accolse il DC 9 nei suoi ultimi momenti, la Cima del Monte Conca d'Oru, divenne teatro di un dramma silenzioso. Testimoni in lontananza parlarono di un boato e di una palla di fuoco che squarciò l'oscurità. E mentre gli elicotteri danzavano nel cielo alla disperata ricerca di un segno di vita, le impervie condizioni del luogo narravano già il finale di questa storia. L'inchiesta seguì i binari del solito copione: errori, ipotesi scartate, come quella del fulmine, e infine la condanna di un controllore di volo, poi graziato da un presidente che forse voleva scrivere un epilogo diverso. Ma la storia vera non finisce con le sentenze. I resti del DC 9 giacciono ancora lì, sui monti di Capoterra, in un luogo dove il tempo sembra essersi congelato in un eterno momento di silenzio. 

  Nel 2013, il comune di Sarroch tentò di risvegliare i fantasmi del passato, chiedendo ad Alitalia di rimuovere quei resti, testimoni muti di una tragedia ormai lontana. Ma la burocrazia, quel mostro lento e indifferente, fece il suo corso, e la rimozione si perse in un labirinto di ricorsi e sentenze. Oggi, a più di quarant'anni da quella notte, il Douglas DC-9 e i suoi 31 passeggeri riposano in un limbo di domande senza risposta, un monumento silenzioso alla fragilità umana e alle promesse infrante di una notte di settembre. E mentre il mondo va avanti, lì, tra i monti di Capoterra, c'è un angolo di cielo che non ha mai smesso di piangere.